Ospitiamo volentieri in questo spazio di confronto televisivo la lettera aperta rivolta dalla trentina suor Chiara Curzel alla religiosa suor Cristina, ospite di Milly Carlucci.
Carissima suor Cristina,
si parla molto di te, in questi giorni. Si parla sui giornali, e anche nei conventi, della tua partecipazione a Ballando con le stelle, di questa “strana” scelta, tua e della tua Congregazione religiosa. Ci sono le prese di posizione nette, a favore o contro, ma quelle quasi mai servono a qualcosa. Ciò che invece può servire, e per cui ti dobbiamo ringraziare, è il fatto che questa tua scelta ci porta a pensare, a interrogarci sul modo di “stare” da cristiani nel mondo, da religiose nel mondo.
Non sei un “caso strano”: credo di poter dire che siamo in molte, come te, a chiederci ogni giorno come e dove portare quel volto di Cristo a cui abbiamo dedicato la vita e le forze, che amiamo e che desideriamo servire; molte, come te, convinte, al di là degli slogan, che come suore siamo chiamate a confrontarci con la vita concreta della gente, che soffre e spera “fuori dal convento”. E sappiamo che per ciascuna di noi c’è un modo diverso, un ambiente particolare a cui siamo inviate, legato alla nostra storia, al nostro carisma, alle nostre attitudini.
Permettimi però di dirti che i punti di domanda su questa tua scelta rimangono in me, e si fanno più grandi ogni giorno. C’è un equilibrio strano, difficile, tra la nostra buona intenzione di essere “sale della terra”, chiamate a portare il sapore di Cristo in ogni ambiente e situazione, mescolandoci con essa, e il rischio di “perdere il sapore”, talmente assimilate da non essere più significative o da esprimere un altro sapore, non più quello di Cristo.
C’è un equilibrio difficile tra l’esigenza di testimoniare la “differenza cristiana”, esponendoci con coraggio nei diversi ambienti, e il rischio di essere semplicemente “diversi”, un “fenomeno” come tanti da esporre in vetrina e banalizzare poi con un semplice “mi piace” / “non mi piace”. C’è una tensione tra fini e mezzi che ci chiede un continuo discernimento per non cadere nella trappola delle semplificazioni.
Hai ragione, cara suor Cristina, a non preoccuparti delle critiche, che arriveranno e anche forti. Non preoccuparti nemmeno degli applausi, anche quelli non mancheranno, anche se verranno da persone che vedranno in te una “normalità” restituita alle suore più che la “straordinarietà” della tua testimonianza. Presta invece attenzione, se puoi, ai consigli e alle considerazioni di chi è con te e come te impegnato nell’annuncio del Vangelo, e non smette di chiedersi come farlo nel modo più rispettoso, coerente, gioioso possibile. Di chi condivide con te quotidianamente le difficoltà e le risorse di un abito, segno di una scelta di vita. Ora che hai accettato di “giocare” dovrai stare alle “regole del gioco”, non potrai imporre le tue, in nome della “differenza” che speri di portare… e forse è giusto così, quando si accetta di entrare in un ambiente diverso. E temo davvero che quelle regole non siano al servizio della tua (e nostra) vocazione, né dell’annuncio cristiano, ma rischino piuttosto di renderti “giocattolo” funzionale all’audience, di strumentalizzare le tue buone intenzioni, di trasformare la tua (e nostra) “differenza” in semplice, omologata, solo incuriosente “stravaganza”.
Non sarà facile, suor Cristina… buon cammino, buon discernimento, e non dimenticare che, nella danza, sono necessari anche i passi all’indietro.
suor Chiara Curzel
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