“Avete il novo e ‘l vecchio Testamento, /e ‘l pastor de la Chiesa che vi guida; / questo vi basti a vostro salvamento”. Così Beatrice nel quinto canto del “Paradiso”. Ogni riforma nel cristianesimo, e Dante era uno spirito riformatore, è un ritorno all’essenziale. Alla Scrittura.
Gli otto anni di pontificato di Francesco sono segnati soprattutto da questo ritorno all’essenziale. Al Vangelo. Alla forza rivoluzionaria del Vangelo. Più rivoluzionaria di ogni rivoluzione ideologica. Più umana di ogni umanesimo. Più spirituale di ogni mistica. Più concreta di ogni politica.
Questa è la vera riforma di papa Francesco. L’aver restituito ai cattolici e al mondo il primato del Vangelo. Le altre riforme ci sono e non ci sono, cercano di farsi strada tra nebbie e sabbie mobili. Ma restano secondarie. Il mondo, anche quello ateo o di altra fede, ha fame di parole che non passano e Francesco ha preso il Vangelo e gliele ha date queste parole. Che impegnano la vita, in primo luogo di chi le annuncia, e poi di chi le riceve.
Non a caso il documento riassuntivo del suo pontificato, finora, l’enciclica “Fratelli tutti”, ha come pilastro non un particolare pensiero filosofico o teologico o economico-sociale (che pure non mancano), ma una parabola del Vangelo, quella del buon Samaritano. Non citata, ma riportata per intero, come a dire: qui è il cuore, il resto dell’enciclica, più che una “dottrina”, è un commento a questa pagina. Pagina provocatoria che esalta il samaritano eretico, ma che pratica la Scrittura dell’ “ama il prossimo tuo come te stesso”, e censura i ministri del culto che predicano ma non fanno.
Il Vangelo è una parola che va annunciata con la bocca e con la vita. È anche in questo la sua perenne gioventù (“Il Vangelo è talmente più giovane di voi”, diceva Bernanos). Perché la nostra vita è sempre lontana dalla fedeltà alla Parola. Ma questo non è solo un limite. Che sconforta. È spinta al cambiamento continuo. A una primavera continua. A una rivoluzione permanente. Che dà senso ai giorni segnati dalla fragilità e dalla fatica.
Papa Francesco ha assunto la misericordia come cardine. Non la commiserazione. La misericordia è consapevolezza dei limiti, delle cadute anche gravi, ma spinta a non fermarsi ad essi e ad esse, e a ripartire. A ricominciare. Il Vangelo muove verso una resurrezione continua. È il centro del pontificato di papa Francesco, del suo instancabile richiamare i cristiani e il mondo al cambiamento nel segno del Vangelo e alla speranza che questo possa essere realizzato. Francesco è il più credibile leader mondiale perché prima di parlare non si chiede cosa ne penserà la gente, non fa sondaggi per calibrare su di essi i suoi discorsi. Vuole orientare il mondo, non assecondarlo. E se c’è da denunciare la disumana vergogna dei migranti, donne, uomini, bambini, che muoiono annegati in mare per colpa dei muri che noi italiani ed europei innalziamo (quanti morti anche in queste settimane nel silenzio generale!), Francesco lo fa, e a voce alta.
Non si stanca di denunciare le ingiustizie e le disumanità e di annunciare che tutti sono nostri fratelli e sorelle. Che non esistono i nostri e i gli altri. Anche se la maggioranza la pensa diversamente, anche se chi comanda la pensa diversamente. Il Vangelo sconvolge, disturba, critica i potenti. Gesù ha annunciato il Vangelo, ma il potere e il popolo l’hanno messo in croce. Papa Francesco non fa sondaggi prima di parlare. Annuncia il Vangelo. Spada che divide, non piuma.
Questo ritorno all’essenziale è un ritorno alla semplicità. Non alla banalità o all’incultura. La semplicità è una conquista faticosa. Una liberazione dagli idoli di questo mondo. La semplicità di papa Francesco passa attraverso vasti orizzonti culturali. Bisogna essere attrezzati per affrontare il mondo. La cultura ci fa conoscere e smascherare gli idoli di questo mondo e le menzogne che i suoi padroni continuamente costruiscono a danno dei poveri e degli indifesi. Anche Dante, dopo aver attraversato, armato di scienza e sapienza, l’intero universo del bene e del male, e smascherato ogni idolo, poté concludere il suo viaggio immortale, la “Commedia”, con un inno alla verità evangelica più semplice e assoluta: l’amore. “L’amor che move il sole e le altre stelle”.
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