Social media, la soluzione possiamo essere noi

“The social dilemma”, documentario Netflix

Bisogna arrivare alla fine per trovare uno spiraglio di luce in The social dilemma, documentario di Netflix sull’oscuro rovescio della medaglia di un mondo che fa parte della nostra quotidianità. Non è la prima volta che internet e social network vengono criticati, ma nel film diretto da Jeff Orlowski a parlarne sono, accanto a vari esperti, alcuni dei fautori della loro strepitosa ascesa, nomi chiave delle imprese che hanno fatto fortuna nel web.

Il filmato alterna spezzoni di interviste a frammenti di fiction che raccontano una famiglia alle prese con l’utilizzo compulsivo dei social da parte dei due figli minori, in cui è facile rispecchiarsi per molti utenti dei social, vero prodotto di questo florido mercato globale. Con l’intento di tenerci il più possibile incollati ad uno schermo per “venderci” agli inserzionisti, algoritmi matematici raccolgono su di noi una mole impressionante di dati, sviluppando una conoscenza sempre più approfondita dei nostri comportamenti e alimentando un’intelligenza artificiale capace di prevederli e indirizzarli.

Il racconto è efficace, anche se, alla pari dei social, tratta i diversi aspetti puntando più su un piano emozionale che sull’approfondimento: il rischio dipendenza, con conseguenze drammatiche specialmente per i più giovani, le fake news, la manipolazione delle idee e il controllo dei comportamenti di massa. E arriva a dare una risposta al dilemma del titolo: la vera minaccia non è la tecnologia, ma la parte peggiore della società che essa porta allo scoperto.

In attesa di normative che garantiscano un uso più etico dei dati nella rete, ciascuno di noi può darsi alcune semplici regole: disattivare il sistema delle notifiche, evitare i suggerimenti di visione, verificare le notizie prima di condividerle, aprirsi a punti di vista diversi per non chiudersi in una bolla virtuale. Mentre scorrono i titoli di coda arriva anche qualche utile indicazione per i genitori: lasciare i dispositivi fuori dalla camera da letto e spegnerli ad un’ora prefissata, evitare che i figli usino i social prima di avere l’età giusta per farlo con consapevolezza (suggeriti i 16 anni), concordare con loro un ragionevole tempo di utilizzo quotidiano degli strumenti informatici.

L’eventuale, drastica decisione di eliminare dai social il proprio account non dovrebbe essere dettata dalla paura, ma dalla volontà di aprire uno spazio di dialogo costruttivo per riformare un mondo ricco di potenzialità positive che ci sta pericolosamente sfuggendo di mano.

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