Riallacciare i legami con la propria terra e le colture dei padri: l'associazione “Goever” muove i primi passi. Intanto si accende la mietritrebbia…
Per una famiglia rurale, dalle dimensioni del suo raccolto, dipendeva essenzialmente la possibilità di costituire una scorta di granaglie sufficiente a garantire i consumi interni di pane almeno sino al raccolto successivo. “Si pativa la fame in Trentino nei primi anni del secondo dopoguerra. Alcuni sacchi di grano bastavano per vivere, ma bisognava lavorarla la campagna, dal mattino alla sera e senza sprecar nulla”. Non nasconde l’emozione, e la commozione, nel vedere indaffarati nella mietitura un manipolo di agricoltori appartenenti a generazioni successive alla sua, Aurelio Trenti di Dro.
Aurelio, come altri compaesani, era solito recarsi in piazza con il carro per avvalersi, almeno una volta all’anno, dell’ausilio della tecnologia riversata in una trebbiatrice meccanica – all’epoca unico esemplare nel Basso Sarca – proveniente appositamente da Arco. I suoi ricordi riaffiorano alla mente freschi come se riguardassero fatti dell’altro ieri.
Aver assistito coi propri occhi al “rito” della prima mietitura di quest’anno in Valle dei Laghi, iniziata a Pietramurata su un appezzamento di mezzo ettaro di proprietà di Giorgio Faitelli di Vigo Cavedine, uno di dieci soci fondatori della neonata associazione “Goever”, è un’operazione che, per com’è stata condotta, non si scorda tanto facilmente. Sotto il sole tardo pomeridiano di luglio, messa in moto una fragorosa mietitrebbia anni Settanta di fattura germanica acquistata usata da Elia Chistè e Remo Comai, agricoltori di Vigo Cavedine, conquistati fin da subito dalle prerogative del progetto “Filiera corta trentina del pane in Valle dei Laghi”.
Progetto imbastito da zero soltanto tre anni fa su input della Comunità della Valle dei Laghi al quale presidente Luca Sommadossi va riconosciuto il merito di aver calamitato l’interesse di diversi attori tra tecnici, produttori e trasformatori di frumento panificabile traghettandoli verso un’adesione condivisa molto promettente. Se il signor Faitelli è il primo ad aver reintrodotto la coltivazione del frumento nella conca di Dro strappandola alla vite e alle piante di kiwi e di susina Dop – il suo raccolto verrà sì macinato dal panificio Tecchiolli a Cavedine, ma non destinato alla panificazione perché coltivato fuori dal perimetro della Valle dei Laghi – l’associazione “Goever” costituita l’11 marzo scorso figura come il primo esempio di filiera corta sul territorio provinciale in quest’ambito agroalimentare, e l’anello prima mancante è rimpiazzato dal mulino con macine in pietra acquistato dai Tecchiolli.
Detto altrimenti: coltivazione, raccolta, trasformazione e commercializzazione del frumento esclusivamente in Valle dei Laghi. Varietà San Pastore e Bologna, quelle che meglio di altre si addicono al microclima e alla composizione del suolo locale. La superficie ammantata di spighe dorate nella striscia tra Vigo Cavedine e Lasino assomma a 17 ettari e gli associati vincolati alle disposizioni protocollari (biologico non certificato) sono ben trentasei e destinati a salire di numero. Indice di interesse in crescendo, fortunatamente, poiché la scorsa estate il raccolto registrava quantitativi davvero scoraggianti a causa degli eccessi di pioggia, come ricorda il maestro artigiano Aldo Tecchiolli che ottimisticamente guarda a un “modello da esportare in altre valli”.
Con tale obiettivo all’orizzonte il segretario dell’Associazione Panificatori della Provincia di Trento, Franco Camin, invoca a chiare lettere un maggior coordinamento dei tecnici della Fondazione Edmund Mach in ricerca e sperimentazione per poter ridimensionare il progetto coinvolgendo ulteriormente i panificatori. Da parte sua Annarosa Paissan, presidente di “Goever”, sa di giocarsi un ruolo cruciale in questo senso. Non può che “andare avanti”, con fiducia e perseveranza, come l’anglicismo le suggerirebbe (“go ever”). Scommette che “anche i giovani potranno fare la loro parte” riallacciando l’antico legame con la propria terra e le colture dei loro padri. Per questo si pensa di “coinvolgere anche il mondo scolastico”, e dove gli alunni non metteranno piede in campagna sarà l’associazione stessa a premurarsi di entrare nelle aule.
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