Tra fontane e tornanti, così scaliamo il “nostro” Bondone

La fontana di Candriai più o meno a metà salita – foto Vita Trentina

L’ altro giorno, riordinando un vecchio album di fotografie, ne ho ritrovata una che mi ha fatto sorridere. Io, dodici anni, assieme a un amico, in Vason con le nostre mountain bike. La mia tenuta è abbastanza improponibile, ma sollevo la ruota davanti soddisfatto, sorriso stampato in faccia.

Scalare il Bondone, ogni volta che ho un paio di orette che avanzano e che la bicicletta imbocca il bivio per Sardagna, mi riporta a quella foto là e alle tante non scattate su quel traguardo dove ogni volta c’era una piccola volata, dove i primi che arrivavano, aspettavano ( a volte anche invano, ma mica c’erano i telefoni…) gli amici attardati. Le “ricariche” alle fontane di Sardagna e Candriai, tappe obbligate soprattutto nelle giornate più calde. Il passaggio sotto il cartello Norge e dai che è quasi fatta. Poi quel numero: uno-sei-cinque-zero. Milleseicentocinquanta. Metri.

Man mano che si sale le ombre si allungano sull’asfalto – foto Vita Trentina

Un viaggio nel passato risalire quei diciassette chilometri e mezzo, e il tempo sembra fermarsi.  Sembra certo, perché quello sul cronometro corre veloce, anche troppo, ed è lì a ricordati la tua forma approssimativa da ciclista improvvisato. “Ma che impresa, meglio chiamarla una gita”, mi dice ogni volta lo smartwatch ed io tra i denti rispondo: ma tu che di me sai quasi tutto, ti sei ricordato di sommare al mio peso quello dei ricordi?

Questa è la mia salita, o meglio, la nostra perché sono abbastanza sicuro che mettendo su una bicicletta un “trentone” certamente prima o poi lo ritroverete in Vason, stanco e felice allo stesso tempo, a scattarsi un selfie con il busto di Gaul.

Non a caso, la giovane pedalata inserita tra le iniziative del Bondone Green Day (no, non centra nulla con il gruppo musicale…)  è subito diventata un evento apprezzato e atteso da tantissimi amanti delle due ruote ai quali, per qualche ora, è concesso il privilegio di arrivare in cima a quella salita dal fascino immortale dimenticandosi di automobili e moto che, ahimé, talvolta si scordano che la Trento-Bondone succede solo una volta all’anno.

Il messaggio lanciato da un’iniziativa simile è forte, una bomba verde che vorremmo potesse esplodere anche quest’anno sulla salita di Gaul. Senza che l’emergenza riesca a disinnescarla, ma semmai ad ispirarla, responsabilizzando i partecipanti a una condotta consona alle norme che ormai tutti abbiamo imparato a conoscere ed applicare. Una occasione da non perdere nemmeno per gli organizzatori per dire, questo è il Bondone che vogliamo, questo è il Bondone che può vivere anche in estate, anche questa è la via giusta per il rilancio.

Penso a tutto questo mentre con la mia zavorra di “imprese” giovanili, sto sfruttando quelle due orette che avanzavano per arrivare in cima, in una giornata che sembrava volesse dire solo acqua e che invece il vento ha trasformato in soleggiata.

Il capriolo che stava cenando…

Pedalata regolare, battito anche, su e su senza mai strappare (in gita, appunto) nel silenzio della natura che praticamente nessun motore infrange mai. Qualche ciclista mi supera (ma dai?), io non supero nessuno, però succede che passo a fianco di un capriolo che sta cenando a bordo strada poco sotto Pra’ della Fava.

Lui mi squadra, poi imperterrito continua il suo pasto. Vista la velocità di crociera non mi considera un pericolo.
Io vedo il bicchiere mezzo pieno e sono contento di non averlo disturbato più di tanto, mi considero pur sempre un suo ospite come del bosco che il nastro d’asfalto attraversa.

Arrivo a Vason che le ombre si stanno già allungando, in un silenzio splendido e angosciante insieme. Fa abbastanza freddo nonostante il sole non sia ancora tramontato. Me la sono cercata dato che è ancora maggio e che sono le 19.30. Un Bondone senz’auto inaspettato, sperando non sia l’ultimo della stagione.

Selfie con il busto di Gaul, ventina e giù in discesa.

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