L’invito ai “fratelli ebrei” da parte del Comune di Trento e della Diocesi, attraverso la sezione trentina dell’associazione Italia-Israele, ha consentito di riprendere la dolorosa vicenda del Simonino, antica di cinque secoli, e trasformarla in buona notizia attraverso un gesto di onestà e di amicizia.
“Oggi per noi è una giornata storica”, ha dichiarato senza risparmiare l’aggettivo Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI) insieme all’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede Oren David, all’uscita dalla mostra “L’invenzione del colpevole” allestita a palazzo Pretorio dal Museo diocesano.
“Dobbiamo subito dire grazie per il coraggio e la maturità di quest’iniziativa”, ha aggiunto sottolineando il rigore culturale e scientifico con cui si è documentato il caso storico delle false accuse agli ebrei per l’uccisione del piccolo Simone da Trento nella Pasqua 1475.
Accompagnati dal presidente di Italia Israele, Marcello Malfer, i due autorevoli rappresentanti israeliani – per la prima volta a Trento – erano stati introdotti dal sindaco Alessandro Andreatta sui luoghi delle storiche relazioni fra gli ebrei e la Città del Concilio, fino alla targa di riparazione e di riconciliazione scoperta il 25 giugno 1992 sulla facciata di palazzo Salvadori dove sorgeva un tempo la sinagoga cittadina.
Nel pomeriggio, con la guida appassionata della direttrice del Museo Diocesano Tridentino Domenica Primerano hanno appreso i dettagli documentali della persecuzione degli ebrei avviata dopo il presunto infanticidio e scoperto l’abbondanza dei documenti iconografici, ispirato dalla propaganda antisemita, con cui il culto per il “santo bambino” si era diffuso rapidamente a mezzo stampa, nonostante Papa Sisto IV non avesse approvato la venerazione del “beato”.
“Una macchia nera”, riconosce Bressan
In rappresentanza di mons. Lauro Tisi, è stato l’Arcivescovo emerito Luigi Bressan a esprimere il rinnovato impegno per il dialogo ebraico-cristiano e a riepilogare i motivi della soppressione del culto nel 1965 sulla base di accurate indagini portate a termine dallo storico mons. Iginio Rogger (la mostra è a lui dedicata a lui nel centenario della nascita).
“E’ stata una macchia nera nella storia della nostra Chiesa, rinnoviamo le scuse alla comunità ebraica, mentre con questa mostra lanciamo un messaggio forte, valido anche per il futuro e per ogni forma di discriminazione”, ha ribadito Bressan sottolineando peraltro che “la soppressione del culto nel 1965 trovò preparata la comunità diocesana e fu accolta senza alcun problema”; “devo precisare che nei 17 anni del mio episcopato non ho sentito alcun trentino che mi ha chiesto di ripristinare il culto! Semmai qualcuno è venuto da fuori diocesi…”, ha aggiunto in riferimento a qualche isolata iniziativa come fece nel 1996 un sedicente sodalizio di Ferrara.
La commozione di Noemi Di Segni
All’ascolto delle terribili false testimonianze contro gli ebrei, proposte nella saletta multimediale che dà voce agli atti processuali, si è colta domenica una forte commozione nella delegazione ebraica. Così come all’annuncio da parte della direttrice Primerano di mantenere una sezione dedicata al Simonino nella collezione permanente della pinacoteca del Museo.
“Mi congratulo per il modo attento e scientifico con cui avete ricostruito questa vicenda. E’ importante per arginare la possibile deriva di certe sacche di tradizionalismo – ha detto Di Segni – ma anche per collegare l’antisemitismo del passato con quello di oggi. Non solo. Anche con ogni forma di razzismo – l’ultima è quella di questi giorni verso i cinesi – e di discriminazione. Avete messo in evidenza elementi delle psicologia di massa che poi abbiamo ritrovato nel fascismo e del nazismo, ma rispetto ai quali dobbiamo ancora far risuonare un forte alert, un allarme sociale”.
La presidente delle 21 Comunità ebraiche italiane insiste sull’impegno culturale, ad ogni livello: “E’ importante che si passi dai ranghi alti delle istituzioni, anche ecclesiali, fino ai livelli parrocchiali e familiari per far sì che il contrasto all’antisemitismo si radichi sempre di più”.
Ed indica altri impegni che riguardano ogni comunità: la rilettura storica, che passa anche attraverso i libri di storia; il linguaggio che spesso finisce per generalizzare o condannare; le occasioni di convivenza e di dialogo: “Pochi giorni fa ci siamo trovate con donne di altre religioni non per un convegno ma per trascorrere alcune ore insieme nell’impastare e cuocere il pane, alimento simbolico. Un’esperienza significativa”. E alla domanda su certa chiusura delle comunità ebraiche Di Segni ha riconosciuto che “per comprensibili motivi storici nel passato si è stati troppo diffidenti verso chi si avvicinava per conoscerci con sincerità”, ma che ora “abbiamo avviato molte iniziative di apertura, per far conoscere la cultura, la lingua e anche la religione ebraica con vari percorsi di studio”.
Lei, presidente, aveva sentito parlare ancora del Simonino di Trento? “Durante gli anni di scuola a Gerusalemne – anche se non precisamente della vostra città – ho potuto venire a conoscenza con lo studio delle altre religioni di questi casi di omicidio rituale. E’ importante che a scuola si studino le altre religioni”, ha concluso. Prima di un arrivederci a Trento chiediamo se sarà pensabile per il futuro un ricostituirsi di una comunità ebraica in città. “Non saprei, ma non è nostro compito inviare persone per dare vita ad una comunità” ha risposto con un sorriso amichevole.
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