Italia più forte in Europa se ci sono rigore e riforme

La prima pagina del quotidiano “La Stampa” di mercoledì 18 settembre

Non può rientrare fra le cose serie l’ennesima sceneggiata che Matteo Salvini ha messo in piedi dopo la requisitoria dei PM di Palermo che chiedono la sua condanna a sei anni per i fatti della Open Arms. Sebbene l’intervento della procura non sia un capolavoro di sapienza giuridica, farlo passare per un attacco della magistratura a chi difende i confini della patria è ridicolo. La solidarietà di Meloni e Tajani al loro collega è, come suol dirsi, pelosa: mira a non lasciargli campo libero per mettere in crisi la coalizione con drammatizzazioni avventate sul presunto martirio del vice premier, ma sembra fermarsi lì. Forse anche al governo ci si rende conto che la requisitoria di tre PM non rappresenta “la magistratura”, visto che abbiamo un sistema con corti che valutano accusa e difesa e ben tre gradi di giudizio in cui spesso le impostazioni della pubblica accusa vengono ridimensionate e talora respinte.

Non sarebbe male se ogni tanto lo ricordasse anche la ANM che non dovrebbe avere interesse a fomentare una contrapposizione politica-magistratura, perché la sbandierata distinzione dei poteri è tecnicamente altra cosa.

Detto questo, i tempi calamitosi in cui viviamo dovrebbero spingere tutta la classe politica a considerare situazioni ben più importanti di certe disquisizioni astratte sui rapporti tra ministri e regole giuridiche (sempre bisognose di essere contestualizzate).

L’impennata che sta avendo la questione mediorientale con la clamorosa operazione israeliana che ha minato i cercapersone dei militanti di Hezbollah facendoli saltare contemporaneamente segna una probabile escalation della guerra fra Israele e i suoi avversari. Una guerra allargata in quell’area può fare il gioco di Nethanyau e del radicalismo della destra israeliana, ma crea un fronte assai pericoloso che coinvolge l’alleanza occidentale di cui la UE è parte importante. Tanto più se la si somma all’andamento della guerra in Ucraina, che non vede né un sostanziale passo avanti di Kiev, né una stabilizzazione del fronte, perché Putin è più che mai deciso a sfruttare a fondo le sue capacità distruttive e alla pace non ci pensa proprio.

In un contesto del genere sarebbero quanto mai necessari governi non solo stabili, ma capaci di costruire consensi ampi. Ursula von der Leyen l’ha almeno in parte compreso, tanto è vero che ha impostato la costruzione della sua commissione sulla rappresentanza non dei partiti parlamentari di Strasburgo, ma dei governi delle nazioni europee, privilegiando le maggiori. Ciò ha favorito l’Italia e il suo attuale governo che ha ottenuto per Fitto una vice presidenza esecutiva: non così rilevante come sperato, perché gli affari economici restano in mano al falco Dombrowski, ma anche questo rientra nella strategia descritta: VdL non voleva certo attriti coi cosiddetti paesi frugali, anch’essi importanti negli equilibri del Consiglio Europeo.

Adesso però il nostro governo, e ancor più il nostro Paese nel suo complesso, devono mettersi nelle condizioni di contare davvero nel consesso UE e ciò significa innanzitutto due cose: 1) mettere in ordine il più possibile il nostro bilancio; 2) realizzare quelle riforme di struttura (fiscali, giudiziarie, economiche, ecc.) che sembra impossibile sbloccare per la ragnatela di interessi più diversi che proteggono ciascuno di questi settori.

È quanto devono fare il governo e la sua maggioranza, ma vorrei dire le stesse opposizioni che devono agire nell’ottica di andare esse in futuro al governo per cui non hanno interesse ad ereditare una situazione disastrata. La voglia di agire in queste direzioni non è che sia molto alta su nessuno dei due fronti: troppo radicalizzati gli scontri aizzati da settori della pubblica opinione che in quel clima hanno fatto i loro nidi.

Si critica, non ingiustamente, Meloni che vede dovunque complotti contro il governo, ma la sensazione che in vari centri di potere economico e sociale ci sia una non disinteressata attesa di vedere l’attuale maggioranza andare in crisi qualche fondamento ce l’ha. Si badi bene: non per portare al governo un’opposizione divisa e abbastanza confusa come è l’attuale, ma per ripristinare quel clima di generale confusione e instabilità in cui gli interessi di tante lobby e corporazioni hanno potuto prosperare.

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