Sulle pagine dei settimanali cattolici la campagna sociale, ideata con Avvenire e Famiglia Cristiana, per dire no alle discriminazioni e ai razzismi
Dure come proiettili, le parole attraversano il cranio da una tempia all'altra. Negro. Zingara. Terrorista. Ciccione. Trafitti, i visi di un ragazzo di origine africana, di una donna rom, di un uomo arabo, di un giovane sovrappeso, cominciano a spaccarsi in mille pezzi.
Con efficacia e immediatezza, questi volti traducono in immagini il messaggio della campagna sociale ideata da Famiglia Cristiana, Avvenire e Federazione dei settimanali cattolici (con le sue 190 testate) con l'agenzia pubblicitaria Armando Testa: “Anche le parole possono uccidere”. Una campagna ad alto impatto, per dire un no deciso alle discriminazioni e ai razzismi che, attraverso l'arma della parola, feriscono le persone nel profondo. L'intolleranza è un'esperienza vissuta in prima persona da molte persone. Tutti i giorni assistiamo, a scuola o sui luoghi di lavoro, ad episodi di intolleranza aggressioni verbali basta essere immigrati, musulmani, grassi, poveri, omosessuali, sinti, tossicodipendenti, donne… basta una semplice parola, magari detta con leggerezza, spesso radicata nel pregiudizio.
“Un giornale, specie se cattolico, non può rimanere inerte, mettere in cronaca l'ennesimo episodio di bullismo, di discriminazione sessuale o di razzismo e passare ad altro”, ha detto Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana, durante la presentazione della campagna a Roma, avvenuta nei giorni scorsi alla presenza della presidente della Camera Laura Boldrini. I media, che devono fare i conti tutti i giorni con la potenza della parola, hanno una grande responsabilità nella costruzione dell'immagine dell'altro. “Le parole non sono mai neutre, hanno sempre un significato e conducono da qualche parte – ha sottolineato don Bruno Cescon, vicepresidente della Fisc -. Scardinare pregiudizi e parole non è facile, a noi spetta il compito di sentirci corresponsabili di ciò che accade e aiutare ad interpretare la realtà”. Le testate aderenti alla campagna “si fanno portatrici di una stessa cultura di base”, ha detto il direttore di Avvenire Marco Tarquinio sottolineando l'importanza di questa sinergia tra media cattolici, perché anche “imparare a usare le parole con l'intelligenza e il rispetto che le persone meritano è un modo alla portata di tutti per fare migliore il mondo”.
Una battaglia di civiltà che non si combatterà solo sulle pagine dei giornali: i quattro manifesti della campagna saranno inviati anche a migliaia di parrocchie, oratori e scuole. I primi destinatari, infatti, sono proprio i giovani. E insegnanti, educatori e animatori potranno cogliere l'occasione per riprendere questi temi con i ragazzi, discutendone insieme. Perché se il ruolo della narrazione collettiva, che può essere più o meno “cattiva”, è fondamentale nella nostra prefigurazione della realtà e contribuisce ad orientare i nostri comportamenti, è poi la personale rielaborazione nel nostro ambiente di vita che fa il resto. Sembra confermarlo l’indagine macroscopica condotta per Famiglia Cristiana da Swg e presentata a margine della campagna: la cultura e l’educazione aiutano a contrastare gli atteggiamenti discriminatori, che vengono invece alimentati dalle difficoltà e dalle paure individuali.
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