“La democrazia non è mai conquistata per sempre”. Il monito del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha richiamato l’attenzione dei mezzi di informazione e del mondo politico nazionale sui temi della 50° “Settimana Sociale dei cattolici in Italia”, alla quale abbiamo potuto partecipare con la delegazione dell’arcidiocesi di Trento.
Se qualcuno pensa la Settimana sociale come un tentativo di nostalgica riproposizione di modelli di protagonismo politico cattolico realizzati in altri tempi, si sbaglia di grosso.
Il mondo cattolico si è presentato a Trieste con i tratti – dati ormai come naturalmente acquisiti – della propria diversità e pluralità. Lo indica la modifica – apparentemente minuscola, ma assai significativa – della titolazione tradizionale dell’evento: Settimana Sociale non più dei cattolici “italiani”, ma dei cattolici “in Italia”, in segno di riconoscimento della presenza nel nostro Paese e nelle nostre chiese di persone provenienti da tanti e diversi luoghi del mondo.
Lo ripete più volte lo stesso “Documento preparatorio” dei lavori, che si apre proprio con la sottolineatura del tema dell’«unità dei diversi», caratteristica originaria ed esemplare delle comunità cristiane: «L’unità dei diversi è l’esperienza più sorprendente di cui raccontano già le prime comunità cristiane ritratte negli Atti degli Apostoli». Il che non significa affatto mancanza di identità, ma esperienza di «una identità plurale, creativa e accogliente». Questa consapevolezza – cordiale, riconoscente e perfino gioiosa – ha accompagnato tutti i momenti della Settimana Sociale, da quelli assembleari a quelli di gruppo, dai momenti di preghiera ai dibattiti pubblici e agli spettacoli. Un clima e un desiderio di apertura accogliente che il cardinal Zuppi, nel suo indirizzo di saluto al presidente Mattarella, ha evocato con queste parole: «I cattolici in Italia non sono una lobby in difesa di interessi particolari e non diventeranno mai di parte, perché l’unica parte che amano e indicano liberamente a tutti è quella della persona, di ogni persona, qualunque, dall’inizio alla fine naturale della propria vita».
È a partire da questa consapevolezza delle comunità cristiane di essere chiamate a vivere una pluralità «creativa e accogliente», che si è affrontato il tema della Settimana Sociale: «Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro». Lo si è fatto anzitutto sul piano delle «buone pratiche», dando spazio e visibilità – all’interno del tessuto urbano di Trieste – a moltissime esperienze in cui l’associazionismo cattolico esprime il proprio amore per la democrazia. Dando poi vita, nelle «piazze della democrazia», ai vivaci dibattiti tardo pomeridiani sulle questioni più urgenti che interrogano la convivenza democratica oggi: il dramma della guerra e della pace, la conversione ecologica, la scuola, la famiglia, le migrazioni, le autonomie locali, l’Europa, la salute,le carceri, le periferie e altri ancora.
Sul piano della riflessione, importanti stimoli di analisi e proposta sono venuti dalle relazioni in plenaria e dai «laboratori della partecipazione», lavori di gruppo a tema strutturati e coordinati con certosina attenzione, per garantire adeguati spazi di ascolto, di confronto e di rielaborazione da parte di tutti i delegati.
L’orizzonte teologico-spirituale della Settimana Sociale (e più in generale dell’impegno dei cristiani per la costruzione di un mondo più giusto ed umano) è stato infine tratteggiato da papa Francesco nell’omelia conclusiva di fronte al mare di Trieste: «Abbiamo bisogno dello scandalo della fede. Non abbiamo bisogno di una religiosità chiusa in se stessa, che alza lo sguardo fino al cielo senza preoccuparsi di quanto succede sulla terra e celebra liturgie nel tempio dimenticandosi però della polvere che scorre sulle nostre strade. Ci serve, invece, lo scandalo della fede, – abbiamo bisogno dello scandalo della fede – una fede radicata nel Dio che si è fatto uomo e, perciò, una fede umana, una fede di carne, che entra nella storia, che accarezza la vita della gente, che risana i cuori spezzati, che diventa lievito di speranza e germe di un mondo nuovo».
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