“In Trentino il cibo senza glutine costa di più”, la denuncia dell’Associazione Italiana Celiachia

Costa di più in Trentino, rispetto alle altre regioni d’Italia, mangiare cibo senza glutine. Lo denuncia l’Associazione Italiana Celiachia del Trentino, analizzando i risultati di un breve questionario proposto ai propri associati per avere un riscontro aggiornato riguardo ai supplementi che vengono applicati nei locali a chi ordina il senza glutine.

“L’obiettivo era capire se i ristoratori della provincia di Trento si stiano adeguando a quanto già avviene in molte regioni italiane, in cui il senza glutine viene considerato normale amministrazione e quindi chi desidera l’opzione gluten free non deve pagare un prezzo maggiorato. Le risposte dei nostri soci sono state sconfortanti”, spiegano dall’associazione, evidenziando come, nella nostra provincia, i supplementi siano all’ordine del giorno: per un panino o una pizza il celiaco si ritrova quasi sempre a dover pagare almeno 2 o 3 euro di supplemento, anche quando il locale utilizza pane o basi pronte surgelate, che come sappiamo sono spesso di dimensioni ridotte rispetto a quelle tradizionali. Alcune volte la maggiorazione può arrivare anche a 5 o 6 euro.

“Ma la cosa sconcertante è che il rincaro scatta, ci segnalano i nostri soci, anche per piatti in cui la versione senza glutine non ha costi particolari per il ristoratore perché è sostanzialmente identica a quella tradizionale, come ad esempio una bistecca ai ferri o un tortel di patate. Sono cose che fanno male non solo al portafogli, soprattutto se vi sono più celiaci nella stessa famiglia, ma soprattutto a livello psicologico, perché fanno sì che il celiaco si senta sempre differente rispetto agli altri e fa provare la sensazione che qualcuno si stia approfittando di una condizione clinica che sicuramente non si è andato a cercare”, prosegue il comunicato dell’associazione. “Questa situazione ci invita ad una seria riflessione, perché se da un lato è vero che le scelte imprenditoriali sono libere, dall’altra esempi concreti dimostrano che si può fare business di successo e ristorazione di alta qualità anche senza penalizzare i celiaci”.

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