Le esperienze in Italia e le prospettive in Trentino
In Italia ci sarebbero oltre 10mila piccoli musei, in Trentino più di una cinquantina. Se così fosse, rappresenterebbero il 98% dell’offerta museale nazionale. E potrebbero essere anche un numero maggiore rispetto alle stime. “Non ci sono dati certi”, ha detto Giancarlo Dall’Ara, presidente dell’Associazione nazionale piccoli musei (che ne raccoglie una parte), intervenuto al palazzo delle Albere, a Trento, il 13 ottobre scorso, ad una mattinata dedicata a questi “narratori di luoghi”, come recitava il titolo dell’appuntamento.
Un incontro, a livello nazionale, che ha approfondito e presentato alcune esperienze italiane e analizzato le prospettive in Trentino in vista del prossimo congresso nazionale, ad aprile, che potrebbe svolgersi proprio nel capoluogo.
Piccoli, questi musei, per l’esiguità degli spazi che ricoprono, per la scarsità di risorse e personale (spesso volontario) e che “si caratterizzano – ha proseguito Dall’Ara – per il forte legame con il territorio e la comunità locale. Sono lo specchio dell’autenticità di un luogo”.
Tanti, i piccoli musei, tra i quali comprendere anche, ad esempio, segherie, mulini, percorsi etnografici, ecomusei, case-museo, fucine, fino i sentieri. Un concetto, quindi, allargato, vasto.
Nel corso della mattinata, l’assessore provinciale alla cultura Tiziano Mellarini ha accennato al “Club di prodotto”, al quale si sta ragionando in piazza Dante. Ovvero una sorta di “santa alleanza” tra i piccoli musei e le realtà turistiche, ricettive ed economico-imprenditoriali dei luoghi sui quali insistono per promuovere un vero e proprio marketing territoriale. Un’idea ancora in fieri, di rete diffusa.
Come allo stato embrionale è anche quanto detto da Claudio Martinelli, dirigente provinciale del Servizio attività culturali, secondo il quale “il sistema dei grandi musei provinciali va integrato con quello dei piccoli”.
Un’altra esigenza, ribadita da più di un intervento, è quella di poter contare su personale professionalmente preparato e formato superando così il modello volontaristico che è predominante. Ed è, anche, questione di soldi.
E’ intervenuto pure Michele Lanzinger, direttore di un “grande” museo quale il Muse. “Non ci sono musei di serie A e di serie B – ha detto –. Anche noi cosiddetti ‘grandi’ dobbiamo essere partecipativi, inclusivi e relazionali come voi. E’ ora che creiamo relazioni tra noi”.
Per Camillo Zadra, direttore del Museo della guerra di Rovereto, “l’obiettivo è di predisporre progetti di un livello qualitativamente elevato mantenendo le proprie caratteristiche”.
“Venite e partecipate, come associazione, alla prossima conferenza nazionale delle associazioni museali che discuterà dei sistemi museali”, ha invitato Domenica Primerano, direttrice del Diocesano.
“Siamo talmente tanti, rispetto ai grandi musei – ha chiosato Giancarlo Dall’Ara – che la normativa nazionale dovrebbe tenerci in seria considerazione. Invece, spesso, gli intoppi burocratici sono tali che la vita dei piccoli musei viene messa quotidianamente a rischio. Penso ci debba essere riservata maggiore attenzione”.
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