Sono versi che incantano per la loro bellezza, ma tormentano per i temi proposti
Ettore Masina, questo straordinario tessitore di umanità con gli occhi rivolti al cielo, ci ha lasciato da poco tempo. Andrà dovutamente riscoperto il suo cantiere di solidarietà, quella incredibile esperienza che è la Rete Radiè Resch, la sua attività di uomo politico (e la polis per Masina andava oltre i confini nazionali, abbracciava il mondo), il suo “mestiere” di giornalista per la televisione e la carta stampata.
Qui ci interessa soprattutto il Masina scrittore e poeta, vocazioni entrambe che gli derivavano dalla sua particolare sensibilità di uomo e di cristiano di frontiera. Uomo di lettere poliedrico, polemista creativo, mai fine a se stesso – come capita per tanti intellettuali da salotto -, ma sempre a servizio di una causa nobile, altruista, persona prudente come un serpente e semplice come colomba. Ettore Masina non ha mai mirato ad arricchirsi, avrebbe potuto farlo, e ad avere una vita comoda, gli era consentito. Quel viaggio in Palestina come giornalista inviato speciale al seguito di Paolo VI nel suo primo pellegrinaggio in Terra Santa – era il 1964 – l’aveva segnato profondamente e in modo che poi si rivelerà serio e duraturo nel solco di un cristianesimo che pone continue domande e non lascia tranquilli. Per lui, proveniente dalla Valcamonica, terra di asperità, una sollecitazione che diventa sfida esistenziale.
Un libricino uscito sul finire del 2014 – cinquant’anni dopo quel viaggio di non ritorno – (Il bufalo e il bambino, Ladolfi ed., pag. 70, 10 euro) ci restituisce il poeta Masina in tutta la sua genuinità e giustezza. Una silloge poetica che raccoglie – possiamo affermarlo – un sunto del suo appassionato peregrinare nel nostro tempo.
Sono versi che incantano per la loro bellezza, tormentano per i temi proposti, non lasciano quieti. Temi che svariano dal livello diacronico, tempi e fatti da non scordare, a quello sincronico, i tanti drammi del nostri giorni. La poesia di Ettore Masina non è mai introspettiva, scritta per piangersi addosso, solipsistica; ha orizzonti ampi, solari, tragici.
Al fondo e in controluce è il suo stesso essere uomo che si mette in gioco, barcolla, traballa, cade e si rialza. In “Da Terezìn” (luogo concentrazionario dell’abominio nazista, musicale ninna-nanna, in dialetto della terra natia, colpisce al cuore la dolcezza amarissima dei versi (un ossimoro necessario): “Zin zin /sul violin, / dag da beive al fantolin. / Tutt le nott lu’l ciama, ciama, /ma non viene mai la mama: /niente mame a Terezìn, / detto “el lager dei bambin”. / Zin zin / sul violin. / Anca i putin / a Terezìn / volan su par el camin”.
Il passato da non dimenticare, di cui fare continua, incessante memoria. Mentre incombe un presente dominato da cupidigie e crimini, sempre a danno dei più innocenti, i bambini e le bambine. “Da Manaus” è esemplare per la continua tensione tra il bene e il male, la bellezza della natura e delle creature fragili e la brutalità persistente. Un viaggio in Amazzonia, “un processo in corso / sulla tratta dei bambini”. Non devono pesare troppo, dicono i trafficanti, tra i 25 e i 30 chili devono pesare “quei corpicini rattrappiti / nelle case di fango…”. Poi “nella notte la pioggia tropicale sembra lavare il mondo”, un cambio che pare una purificazione ma non è, l’aurora, il nuovo giorno, “silenzio, quiete, un cielo tenerissimo. / Dio è sceso a camminare nel giardino?”
Annichilisce la risposta del compagno ateo che accompagna il poeta: “…non basta / questa bellezza a cancellare il sangue / delle bambine sverginate, mai / avrai perdono, inerte /onnipotente senza pianto dio!”. Un’imprecazione pregna di amore per l’umanità, la più offesa e reietta –innocente -, un’invocazione al Deus absconditus, il Dio nascosto dei mistici. Perché il dolore innocente? La sofferenza di chi non ha colpe?
E’ un libretto, questo di Ettore Masina, che è un piccolo scrigno. Certi versi commuovono, e in ogni modo sollecitano il pensiero e la riflessione. Ognuno vi può trovare piccoli tesori nascosti da far riemergere nel proprio cuore.
Piace pensare che Ettore è stato traghettato all’altra sponda verso la luce, circondato dall’affetto di Clotilde, compagna e sodale di tante iniziative e avventure, dai figli e dalle numerose nipotine, le piccole Elena e Greta, le ultime arrivate. Un mondo prevalentemente femminile che ben si accordava, per sensibilità e cura, solerzia e dolcezza, alla sua storia personale, alla tenerezza che l’ha sempre accompagnato.
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