Nella cornice del Vigilianum la lezione del biblista Vivaldelli sulla Divina Commedia, seguendo il filo rosso della misericordia
Una lezione sulla Divina Commedia in una location quanto mai appropriata. È quella che il biblista Gregorio Vivaldelli, professore ordinario allo Studio Teologico Accademico di Trento e apprezzato "cantore" dell'Alighieri, ha tenuto martedì 25 ottobre nella Biblioteca diocesana del Polo culturale Vigilianum di via Endrici, 14 a Trento.
Introdotto dal benvenuto della direttrice Paola Tomasi che ha spiegato il motivo ispiratore dell'incontro – "nella biblioteca vi è un prezioso manoscritto risalente agli ultimi decenni del 1300, periodo in cui Dante scrisse la Divina Commedia, ed è sorprendente constatare quanto il suo sia un messaggio attuale e moderno anche per noi uomini e donne del XXI secolo" – la lettura di Vivaldelli ha affascinato e coinvolto, alternandosi con gli intermezzi musicali del direttore dell'Ufficio ecumenico Alessandro Martinelli.
Grazie alla guida del biblista, il pubblico che ha riempito la Biblioteca diocesana ha esplorato idealmente "Una montagna di misericordia": "La misericordia è filo conduttore e tema unificante di tutta la Commedia che non è altro appunto che la descrizione dell'esperienza di misericordia che Dante ha vissuto, capendo che essa è il metodo educativo di Dio". Il Purgatorio è un inno continuo alla misericordia divina e i personaggi che egli incontra nell'Antipurgatorio – Catone, che ne è il custode, l'amico Casella, re Manfredi di Svevia, l'angelo nocchiero – ne mettono in luce le caratteristiche: è gratuità ed è sempre all'opera, agendo anche fino all'ultimo istante della vita se vi è uno spiraglio di ravvedimento; fa cose impossibili mutando la roccia in sorgente d'acqua; provoca perché vuole scuoterci dalle nostre pigrizie; insegna a non giudicare; mostra che Dio non si stanca mai di perdonare e perciò chiede di essere consapevoli delle nostre fragilità ma anche della sua bontà infinita; è extratemporale poiché si estende alla relazione con i morti e ci si può rivolgere a Maria, madre della misericordia; infine, nel chiederla insegna ad adottare un atteggiamento umile. L'uomo "che libertà va cercando" è dunque colui che impara a inginocchiarsi di fronte al mistero, aspirando a quella libertà che può generare libertà negli altri.
Dante esprime tutto ciò in poesia, "linguaggio che cerca di dire l'indicibile e bombardamento contro i reality show: essa ama la real life e quando la leggi senti che parla al suo presente perché vi trovi descritto quello che provi". Inoltre, Dante racconta il suo viaggio nell'aldilà per insegnare a vivere nell'aldiqua, per aiutare a capire che nel prenderci cura delle quattro dimensioni fondamentali dell'esistenza – la relazione con Dio, con gli altri, con noi stessi e con il creato – capiamo chi siamo e troviamo il modo di essere noi stessi e perciò liberi e felici. Per maturare ciò, abbiamo bisogno di guide, come per Dante sono state Virgilio, Beatrice, S. Bernardo e tutti i personaggi che lo hanno aiutato a camminare, e di un metodo: "Bisogna alzare lo sguardo per guardare le stelle, staccandolo dal proprio ombelico o dallo smartphone, per penetrare il mistero che siamo noi a noi stessi: farlo significa riuscire a trovare sempre un motivo per sperare, ricordando che siamo nati per essere felici nonostante grandi dolori e momenti di debolezza".
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