Se fino a qualche anno fa il Primo Maggio era l’occasione per ribadire il diritto all’occupazione e manifestare una generalizzata domanda di lavoro, oggi possiamo parlare di un’inversione di tendenza che guarda con urgente bisogno alla domanda di lavoratori e lavoratrici.
Mancano professionisti, artigiani e lavoratori dipendenti nei maggiori settori produttivi della nostra provincia ad iniziare dal turismo e dalla ristorazione, per arrivare all’agricoltura, alla sanità ed assistenza, per passare all’edilizia ed in parte anche all’industria.
Un cambiamento di orientamento che di fatto ha capovolto l’ordine dei problemi e delle priorità e che pone l’urgenza di una revisione sia delle strategie legate alle traiettorie di sviluppo del Trentino, sia delle politiche sindacali e di promozione dell’occupazione.
Il primo passo da compiere dovrebbe consistere nel rilancio della cultura del lavoro per ribadire la centralità della formazione professionale nello sviluppo delle peculiarità e delle “vocazioni” di ogni singolo contesto territoriale, così come della formazione continua, specie nei confronti dei lavoratori con più esperienza.
In tutti i settori abbiamo la necessità di credere di più nelle capacità e nel “saper fare” delle nostre comunità facilitando il trasferimento di competenze dalle vecchie alle nuove generazioni.
In una nazione come l’Italia, notoriamente soggetta ad un preoccupante calo demografico e dove le previsioni indicano che nei prossimi sei anni mancheranno oltre un milione di persone in età da lavoro, è inoltre necessario affrontare con disincanto e realismo il tema dell’accoglienza e dell’integrazione. La forza culturale, ma anche produttiva delle famiglie immigrate può infatti rappresentare una grande occasione per rivitalizzare il nostro Paese ad iniziare dalle aree interne e dalla montagna.
Infine è necessario ridare dignità al lavoro attraverso il riconoscimento di soglie adeguate dal punto di vista retributivo e dei diritti sindacali. Troppo spesso sentiamo parlare di stipendi a dir poco inadeguati per far fronte al caro affitti, ma anche per ottemperare ai bisogni dei figli, ribadire il diritto alla salute e ad adeguati livelli di consumo.
Lo ribadiscono i sindacati CGIL CISL UIL con la loro “Festa delle lavoratrici e dei lavoratori” di Lavis, all’interno della quale vengono rilanciate tre sfide epocali: quella della pace, del diritto all’occupazione e della giustizia sociale.
Su questa linea anche il vescovo Lauro Tisi, che dalla segheria della Magnifica Comunità di Fiemme di Ziano porta una testimonianza di straordinaria attenzione al mondo del lavoro ad iniziare dalla necessità di operare per una nuova alleanza fra economia e ambiente. Un messaggio raccolto anche dalle ACLI che, in piena sintonia con l’Area Testimonianza e Impegno sociale della Diocesi, hanno proposto di accompagnare le manifestazioni della Festa del Lavoro con le bandiere bianche di pace come evidente richiamo all’invito di papa Francesco di fronte a tutte le guerre di rilanciare il cessate il fuoco e avviare seri negoziati di pace.
Il tema del lavoro si collega inevitabilmente a quello della sostenibilità ambientale e della pace e necessita, oggi più che mai, di una politica e di una visione di alto profilo.
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