Attorno alla fabbrica di trasformazione di Meru Herbs, in Kenia, è sorto un vero e proprio villaggio con tanto di negozi, ristoranti, scuole e fermate del bus. All'interno v'è anche una piccola banca. È incredibile come un progetto riuscito possa creare sviluppo in un'area un tempo arida e priva di opportunità.
La Meru Herbs fu fondata da Andrea Botta, ex missionario cuneese, e dalle ACLI ed ora è diventata una delle realtà più interessanti del commercio equo e solidale del Kenya. È supportata da Ipsia del Trentino e dalla Provincia Autonoma di Trento. I suoi prodotti, grazie ai circuiti del commercio equo e solidale (e un buon ufficio marketing) vengono esportati in tutto il mondo. In provincia di Trento vengono venduti, oltre che nelle botteghe Altromercato, anche nei supermercati convenzionati. Proprio nella bottega di Trento, Ipsia del Trentino e Mandacarù onlus hanno organizzato nei giorni scorsi una conferenza stampa per rilanciare le nuove proposte del commercio equo e solidale.
A Meru operano più di 40 donne full–time e altrettanti stagionali raccogliendo fiori (di camomilla e carcadé) da 235 microproduttori. Questi produttori hanno la fortuna di avere acqua potabile in abbondanza grazie ad un acquedotto costruito ad hoc dalla cooperazione internazionale che raggiunge più di 500 famiglie. L'acquedotto prende acqua da un fiume che scende dal Monte Kenya, uno dei due over 5000 mt sito all'equatore; il sogno di Andrea Botta è raddoppiarlo, portando acqua potabile a nuovi villaggi.
Anche la Provincia Autonoma di Trento sta cofinanziando un progetto di sviluppo proprio a Meru, per la “Valorizzazione delle Filiere Agro-alimentari”. Meru Herbs ha recentemente vinto un premio FAO (Food Agriculture Organisation) per la miglior trasformazione di prodotti agroalimentari in terra (un tempo) semiarida. Gli utili dell'azienda vengono redistribuiti non solo tra i lavoratori ma a beneficio delle comunità vicine con la ricostruzione di ponti, scuole e acquedotti.
Fabio Pipinato, presidente di Ipsia ha reso noto che lo sviluppo creatosi attorno al Monte Kenya e nelle principali città come Nairobi e Nakuru ha rallentato molto i flussi migratori tanto da escludere il Kenya tra i paesi d'origine dei più importanti flussi migratori. La situazione è ben più complicata nei paesi vicini: dal Corno d’Africa fuggono eritrei, etiopi, somali e sudanesi.
Secondo l'ISPI il Kenya è uno dei pochi paesi ove c'è una “pace relativa” e, quindi, possibilità di sviluppo umano. Progetti come la costruzione di acquedotti o la modernizzazione di filiere di trasformazione agroalimentare consentono ai contadini di rimanere legati alla propria terra e di dare risorse sufficienti al welfare. Sono progetti importanti, anche se non sufficienti a coprire i fabbisogno di un paese.
In Kenya si verificano forti migrazioni interne soprattutto in occasione di scontri tribali che, guarda caso, coincidono quasi sempre con le elezioni. Il prossimo appuntamento elettorale sarà in agosto, e già si temono le violenze del 2007 che avevano lasciato sul campo più di mille morti. Garantire la pace politica può solo che favorire il buon esito di progetti di cooperazione internazionale e, conseguentemente, diminuire i flussi migratori verso le baraccopoli della capitale.
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