lo spunto
Scrivo a Sentieri perché un altro pezzo molto amato della montagna trentina sta per esser definitivamente snaturato e sottratto ad una frequentazione pacifica e “vera”, libera da volgari affollamenti consumistici e fini a sé stessi.
Mi riferisco al Monte di Mezzocorona, un’oasi di natura, ospitalità e civiltà sopra la Rotaliana, aperta verso una bella rete di sentieri di facile e gradevole escursionismo, già dotata di due accoglienti locande (e di una non lontana deliziosa malga) dove gustare, dopo una sana camminata, grazie a un cordiale servizio, il “tortel di patate” e altri prodotti del territorio. Si tratta di un luogo già raggiungibile da vari accessi: una strada, un sentiero panoramico e uno alpinistico, una piccola funivia così umana, così a misura…
Ma ora tutto è cambiato e sta cambiando, come riferisce la stampa locale. Sul Monte a scavalcarne le forre (già percorribili) è stato inaugurato un ponte tibetano, con il palese e unico obiettivo di sollecitare brividi di emozione adrenalinica in chi, dopo essere salito in funivia, lo percorre nel vuoto. I contraccolpi non sono però mancati, perché la curiosità verso il ponte esotico e oscillante ha richiamato l’altra domenica numerosissime salite al Monte, comportando lunghe, lunghissime code alla funivia (ma la funivia sarà ampliata!! of course).
Consumare, anziché vivere, sembra esser ancora una volta l’intenzione, già iniziata con la piattaforma a sbalzo all’arrivo della funivia per “godere appieno del panorama sulla Rotaliana” anche qui con un pizzico di adrenalina, utile ad attrarre più gente. E il sindaco molto soddisfatto di numeri altissimi di presenze raggiunte, da luglio-agosto e… “ora attendiamo l’indotto”!! Mah…
In sintesi, ecco snaturata la natura e l’essenza del luogo, divenuto affollato e banalmente frequentato, deludendo chi ricercava la bellezza e la pace e la misura… questo per “ottimizzare le risorse” (uno dei grandi peccati del mondo d’oggi) trattando la nostra montagna come una risorsa da industrializzare. “Bisognerà tornare in Alto Adige”, era la frase che più si sentiva ripetere durante l’interminabile coda.
Marco Corradini
“Bisognerà tornare in Alto Adige”, certo, in luoghi che a pochissimi chilometri da Mezzocorona conservano il gusto, il sapore, l’ospitalità cordiale della loro montagna, mentre il Trentino sembra vergognarsene, vede il turismo come un sacco da riempire e così rinuncia alla specificità del suo territorio e alle sue bellezze.
Perché la montagna, per essere frequentata, non ha bisogno di orpelli e gadget. Non deve trasformarsi in “altre montagne” fingendo di essere ciò che non è, come non deve diventare la succursale in quota di un giardinetto pubblico urbano per bambini. Né ponti tibetani, quindi – oltretutto sembrano ormai inflazionati nel Trentino tanto numerosi stanno diventando -, né scivoli dove ci si inciampa…
La montagna deve solo essere sé stessa, con la sua natura, la bellezza dei suoi fiori, gli alberi, i sentieri, i sempre più rari e preziosi silenzi, la sua gente ospitale. E nessuno, né grandi né piccini, si è mai annoiato in montagna. A fare le code, invece sì.
Ora, per salire in funivia, se non si vuole seguire i sentieri, occorre fare la coda. A breve, si dice, la capacità dell’impianto verrà ampliata (come un pullman, o un vagone: li conosciamo questi contenitori di persone), snaturandone la misura soft.
Si porranno problemi di parcheggio, cambierà il “feeling” che il Monte, finora, ha saputo trasmettere. Peccato. Ma è così. Il Trentino, un pezzetto alla volta, sembra voler distruggere sé stesso, il suo paesaggio interiore, i suoi richiami differenziati. Si vogliono le masse.
Ma non si è ancora capito che le masse distruggono le motivazioni per cui una località viene prescelta?
Lascia una recensione