Come accade quasi sempre, qualsiasi elezione politica in un altro paese europeo diventa occasione per i partiti italiani per un po’ di propaganda. Ci sono ovviamente nel caso spagnolo lezioni facilmente condivisibili (attenzione a prendere i sondaggi per oro colato), altre assai più stiracchiate (si smorza il vento di destra). Madrid non è Roma, la politica da quelle parti risente, come ovunque, di una storia peculiare e di un contesto specifico.
Si possono fare paragoni e generalizzazioni solo riducendo tutto a schemini ideologici modulati sulle preferenze dei vari leader politici, ma non serve a capire i problemi che abbiamo di fronte. Nel caso spagnolo il fatto significativo è che c’è un paese europeo in più che avrà problemi di stabilità interna, perché qualsiasi governo si formi sarà ostaggio delle forze minori che gli garantiscono la maggioranza precaria con la conseguenza di poteri di ricatto che non portano bene, e perché si andrà avanti con la prospettiva di tornare prima o poi alle urne.
L’Unione Europea che dovrà assorbire oltre a questo due elezioni complicate il prossimo autunno in Polonia e in Olanda non arriverà in modo brillante alla prova delle urne per il parlamento europeo il prossimo giugno. Con la situazione della guerra in Ucraina che si incancrenisce, con gli USA che non sanno bene come rapportarsi con la UE e con alcune componenti europee della NATO, con la Cina che non sembra deflettere da certe riprese di spirito imperialista, non c’è da stare allegri.
A casa nostra il governo dovrà misurarsi con l’elaborazione della legge di bilancio, anticipata dalla nota di adeguamento (Nadef). Una prospettiva più che complicata in una fase ormai pre-elettorale in cui tutti i partiti provano a fare se va bene populismo, altrimenti vera e propria demagogia. La nostra finanza pubblica non è messa bene. Certo, arriveranno le due tranche di finanziamento europeo del PNRR (speriamo nei tempi previsti), ma non sono soldi con cui si possono distribuire mance elettorali. Le regole di impiego di questi denari sono già fissate, come si è visto a Bruxelles ci tengono giustamente sotto osservazione, e dunque si tratterà di interventi i cui benefici si vedranno col tempo (soprattutto sarà necessario molto tempo perché la gente apprezzi i risultati che si spera saranno raggiunti).
In una situazione più che fluida nella distribuzione dei consensi i partiti vorrebbero avere delle conquiste da sventolare davanti ai rispettivi elettori, che, lo si sta vedendo, per larga parte non sono affatto di bocca buona e disposti a credere ad ogni promessa. Come abbiamo scritto più volte, la competizione per le elezioni europee con sistema proporzionale spinge ad una lotta di tutti contro tutti. Da questo punto di vista il caso delle elezioni spagnole dove le aspettative dei sondaggi sono state clamorosamente smentite sta gettando in allarme i dirigenti politici: non sarà che anche in Italia potremmo avere qualcosa di simile?
Il quadro sarebbe preoccupante perché la geografia attuale è data da una maggioranza composta da tre partiti di cui almeno due, Lega e Forza Italia, con pesanti incognite di tenuta, e da una opposizione in cui la distribuzione dei consensi fra PD e M5S è tutta da verificare. Poi c’è il non piccolo mondo dei partitelli che si collocano fuori di questi due blocchi. A stare ai sondaggi attuali solo Azione di Calenda sta intorno a quel 4% essenziale per avere qualche seggio, il resto è sotto quella soglia e dunque sarà da vedere se e dove andrà a collocarsi nel seno dei partiti maggiori o se insisterà comunque nel disperdere voti. Il fatto è che intanto anche questi partitelli giocano la loro partita cercando di inserirsi negli interstizi delle competizioni parlamentari e dei talk show, con la conseguenza che aumentano la confusione in campo e soprattutto stimolano nei grandi partiti la volontà ad inseguire quegli elettorati lisciandogli il pelo nella speranza di attrarli a sé senza doversi far carico dei loro presunti leader e leaderini. Un quadro che vede continue battaglie nelle segrete stanze del potere (burocrazia, ma non solo): eventi di cui il pubblico è poco informato, ma che hanno un notevole rilievo e soprattutto un impatto sul funzionamento del nostro sistema.
Come si accennava, in tutto questo occorre tenere un occhio aperto sulla presenza italiana nella scena internazionale. La premier Meloni si sta dando molto da fare, anche con successo: la sua politica “africana” (il cosiddetto piano Mattei) quantomeno impegna il nostro paese in un orizzonte strategico e il suo viaggio a Washington sembra confermare una certa crescita del suo peso sul grande scacchiere. Certo bisognerà fare i conti con l’incognita ucraina, perché l’escalation dei russi con un tentativo di contro-escalation da parte di Kiev apre scenari abbastanza preoccupanti.
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