Alla vigilia della pubblicazione dell’enciclica, il teologo Pierangelo Sequeri, decano della Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale di Milano (ma anche musicista e compositore), usciva in libreria con un breve saggio per la collana “Pane Nostro. Pagine da gustare” della Emi, dedicato ad un nuovo rapporto fra persona e creato.
Secoli di saccheggio della terra e delle sue risorse, a vantaggio di pochi, non sono bastati perché i cristiani si decidessero ad invertire la rotta nella direzione di una ridistribuzione dei frutti della terra e del sottosuolo attuando una giustizia sociale secondo il dettato evangelico, “la sola svolta che potrebbe garantire un futuro all’umanità”.
Non sono i racconti di Genesi 1 e 2 a creare difficoltà – spiega Sequeri alludendo all’accusa del celebre saggio di Lynn White nel 1967 secondo la quale sarebbero stati i cristiani a depredare impunemente la terra – quanto piuttosto una loro lettura superficiale (certo non sapienziale come richiederebbe il testo) e soprattutto una non conoscenza lungo la storia della necessità di una custodia del creato per la sopravvivenza stessa dell’uomo, quale è venuta affermandosi nel XIX secolo. Ora è un’altra la sfida: far acquisire una nuova consapevolezza della necessità di educare alla custodia del creato.
Nulla nella Bibbia autorizza verso una lettura anti-ecologica (“Nessuna carta bianca per l’arbitrio dispotico dell’umano nei confronti della creatura non umana”), ma l’evidenza dei fatti dimostra l’esatto contrario, tanto più disastroso proprio nelle zone abitate da duemila anni di cultura cristiana: “È il delirio di onnipotenza di Adamo, tentato di farsi misura del bene e del male, a ispirare il suo fraintendimento della potenza di Dio, della quale vorrebbe impadronirsi”.
Un fraintendimento che ha indubbiamente trovato larga ospitalità anche in certe piegature storiche del pensiero e dell’ethos cristiano, ma oggi il “punto di passaggio discriminante per un nuovo pensiero dell’umanesimo planetario” sta in “una nuova giustizia degli attaccamenti e degli affetti” . “Bisogna ridiventare più creativi e audaci”. L’uomo diventa intelligente, vitale, felice quando genera qualcosa che commuove gli altri: un bambino, una sinfonia, una chiesa, un ponte di liane…
Lascia una recensione