È una delle tappe del Giubileo 2025, e in questi mesi è visitata da pellegrini da tutto il mondo. Si trova sull’isola Tiberina la chiesa di San Bartolomeo all’isola, a pochi passi dal ghetto ebraico di Roma. I 300 pellegrini trentini hanno avuto l’occasione di incontrare il rettore don Moise Moriba Beavogui e il vicerettore don Isaia.
La chiesa è gestita dalla Comunità di Sant’Egidio, fondata nel 1968 da Andrea Riccardi, dal Giubileo del 2000. “Papa Giovanni Paolo II dopo quell’anno chiese che ci fosse un posto per ricordare la memoria dei martiri del Novecento, che si è aperto con il genocidio degli armeni”, ha raccontato don Isaia. “Quindi il pontefice decise di affidare il compito di gestire questa chiesa alla Comunità di Sant’Egidio”.
All’interno del memoriale vengono ricordate persone come padre Giuseppe Puglisi, don Massimiliano Kolbe, Franz Jagerstatter, Martin Luther King, Oscar Romero e Dietrich Bonhoeffer.
“Questa chiesa – ha aggiunto il vicerettore – era un luogo di pellegrinaggio già per i romani, perché c’era un pozzo conosciuto per le guarigioni: si diceva che le sue acque fossero taumaturgiche”.
Il rettore ha ricordato invece come nacque la Comunità di Sant’Egidio, che oggi conta 70mila volontari di 7o Paesi diversi. Nacque nell’Italia del ’68, caratterizzata da “una vita dura, che si può ritrovare nei filmati di Pier Paolo Pasolini, che ha mostrato un’Italia diversa da quella della dolce vita e delle vacanze romane”. La Comunità di Sant’Egidio, ha aggiunto don Moise, “è un segno che indica che quando i cristiani credono nel Vangelo non sono irrilevanti, ma possono cambiare la propria vita e quella del proprio quartiere. Nessun cristiano è piccolo di fronte alle sfide della storia”.