Economia e politica, una relazione malata

Il politologo Vittorio Emanuele Parsi, ospite della serata prenatalizia di ISAIstituto di Sviluppo Atesino, nella sede sociale al quartiere Le Albere di Trento, ha offerto spunti di grande interesse sulla relazione, oggi malata, fra economia e politica. Il suadente intervento del professore, che ha preso le mosse dal rapporto Censis su «La società italiana al 2024», è stato soprattutto una scudisciata ai partiti. Questi, definiti con durezza «banche della rabbia», nella difficoltà di esaudire le istanze sociali, si dedicano infatti sempre più a fragili questioni identitarie (etnico-culturali, religiose, di genere o di orientamento sessuale, v. Censis, La guerra delle identità, cit.) radicalizzandole: chi non la pensa come loro è un nemico. Un atteggiamento che si alimenta nel «fallimento dell’istruzione», messo a nudo dai profondi buchi di conoscenza in tutte le fasce di età, a cui il Censis dedica un capitolo dall’eloquente titolo «La fabbrica degli ignoranti». C’è – ha osservato il docente della Cattolica – una parte della nostra società non liberaldemocratica ma reazionaria, terrorizzata dal cambiamento, che cerca di risolvere i problemi che ha davanti guardando indietro. C’è una diffusa «gaglioffaggine» nel vedere soltanto i dati che fanno comodo, nell’abitudine alle frasi vuote («quando un testo italiano di trenta pagine si traduce in inglese diventa di venti») nel non distinguere, nelle interdipendenze della modernità, l’essenziale dal secondario. In un Paese che ristagna sulla linea di galleggiamento dei principali indicatori economici, dove il turismo pesa più dell’industria, e quindi la stasi della produttività è fisiologica – per l’incomparabile impatto dell’innovazione tecnologica nell’industria rispetto al terziario – la politica fa la «distilleria al contrario», non filtra cioè valori unificanti, ma esaspera input forti e divisivi. Così la partita – per entrare nella metafora tennistica del prof. Parsi – si sposta altrove: poiché gioco male di rovescio, invece di lavorare su quel colpo, cerco uno sport dove non serve il rovescio. Ma i problemi restano e la relazione fra questa politica, con la sua «capacità predatoria», e l’economia diventa un nodo sempre più difficile da sciogliere, «se si è ignoranti».

Eppure questa relazione è inscindibile. Parsi ha ricordato la «centralità delle regole», espressione della politica, in un sistema costituzionale. Ci sia consentito aggiungere che regole, filtri (come i corpi intermedi) e contrappesi istituzionali segnano la differenza fra la libertà e il caos. E pure inscindibile, secondo la Dottrina Sociale della Chiesa, è la relazione con l’etica, perché la rigida divisione fra le tre sfere – l’etica, regno dei valori, la politica, regno dei fini e l’economia, regno dei mezzi – benché ampiamente sostenuta dagli economisti, spiega il prof. Stefano Zamagni, non ha fatto presa su problemi cruciali come le disuguaglianze, la fame, i conflitti, la sostenibilità della biosfera (Laudata Economia, ViTrenD, 2020).

I rimedi ai guasti della politica e dell’economia potrebbero allora essere pensati lungo la traccia di una compenetrazione (anziché separazione) fra l’una e l’altra, e fra le due e l’etica. A tal fine possiamo cominciare col guardarci dagli eccessi delle «tifoserie», dalle forzature narrative e statistiche, dalle illusioni monetarie e fiscali, consci che per il rilancio del Paese non esistono pozioni magiche, ma ottime ricette sì: una di queste è strillare di meno e studiare di più.

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