8 dicembre 2024 – Domenica II Avvento C
Bar 5,1-9; Sal 125; Fil 1,4-6. 8-11; Lc 3,1-6
«Ogni carne vedrà la salvezza di Dio» (Lc 3,6)
Il vangelo di oggi gioca sul contrasto tra particolare e universale. Mentre nei primi tre versetti vengono introdotti un impero e otto personaggi storici, negli ultimi tre l’annuncio della salvezza si diffonde ad ogni carne, ad ogni persona ed ogni generazione, in una catena di annuncio che giunge fino a noi.
Giovanni, a differenza di chi lo precede, non possiede potere politico o religioso; è, tuttavia, l’unico posseduto e posto in cammino dalla Parola per mettere molti altri in movimento. «Voce di uno che grida nel deserto» chiede di «preparare la via del Signore» (Lc 3,4). Proviamo ad entrare insieme in questi luoghi.
Il deserto è il luogo della nascita d’Israele; luogo di alleanza e di ribellione (Es 15,22-19,2), luogo di liberazione e di dubbio sulla presenza di YHWH (Es 17,7). Eppure, i profeti cantano il tempo del deserto come tempo della sequela, dell’innamoramento reciproco e della giovinezza dell’amore, luogo al quale ritornare dopo il tradimento e l’abbandono (cf. Os 2,6-17; Ger 2,2-3; Ez 16,8-14.22). Forse proprio per questo è il luogo della memoria (Dt 8,2-6), in cui ritrovare se stessi e Dio. Il deserto diviene, dunque, luogo di scelte radicali; luogo in cui ogni idolo – potere, successo, autosufficienza – muore; parafrasando Osea, il cammino che porta alla fertilità passa per l’aridità del deserto. Il deserto è, dunque, luogo inospitale, lontano dal fascino del culto e dagli splendori del tempio, ma per Giovanni, come per Gesù, diviene luogo d’incontro, di formazione esistenziale e di purificazione.
Nel deserto, l’appello di Giovanni ad aprire una via risuona come chiamata forte a ripartire dalla relazione con Colui che può darti «ali d’aquila» (Es 19,4), con il Padre che «ti ha portato come un uomo porta il proprio figlio» (Dt 1,31): è in sintesi un invito a ripartire dalla sequela perché tutto ritrovi il proprio posto (Lc 3,4).
La via diverrà uno dei temi del vangelo di Luca. Se Giovanni è inviato a preparare la via, dopo il suo martirio Gesù percorrerà le vie degli uomini, annunciando, guarendo, risuscitando i morti. Con i discepoli di Gesù la Parola attraverserà l’impero (At 12,24; 13,49) giungendo fino a Roma, per trasformare la città degli uomini nel tempio di Dio (At 28,30-31).
Giovanni cammina, e chiama «ogni carne» all’incontro con la salvezza. Il termine stesso “carne” permette di ritrovare nella fragilità e nel riconoscimento del proprio essere peccato, la comune appartenenza ad un’umanità ferita. Questa grande famiglia dei figli di Adamo è composta non solo dai grandi della storia (Lc 3,1) ma anche dai poveri, dai piccoli, dagli scartati che la grande storia non menziona mai ma che attende in ogni angolo della terra l’arrivo del Salvatore.
Camminando, Giovanni prepara un popolo che accogliendo la propria fragilità esistenziale si prepara a ricevere la visita di Dio perché le città degli uomini abitate da sete di potere e discriminazione, lutti e sopraffazioni, possano essere trasformate in luoghi di luce e di giustizia, di pace e di inclusione, liberi dall’ossequio e dalla sottomissione nei confronti dei grandi del momento, della loro propaganda e dei loro disegni.
Chiediamoci allora: a chi credere? Su chi investire le proprie energie? C’è un Vangelo, un’offerta di salvezza che viene da Dio: siamo pronti a cambiare la nostra rotta, per essere liberati dalla servitù agli idoli di ogni tempo, a quelle forze – denaro, armi, cultura – che secondo molti guidano il corso degli eventi?