Il volontariato che fa notizia al centro della festa di Vita Trentina e Avvenire

Come dare spazio al volontariato in un mondo dell’informazione che non privilegia le “buone notizie” e in che modo raccontarlo, evitando di parlare di “angeli” e di “eroi”. L’argomento è stato al centro del dibattito che si è svolto al Malgone di Candriai per la festa di Vita Trentina e di Avvenire. La discussione è partita dagli spunti offerti da Andreas Fernandez dell’ufficio comunicazione del Csv del Trentino, che ha parlato di “falsi miti che riguardano il volontariato”. Spesso infatti si parla con troppa facilità di “giovani che non fanno volontariato”, di “volontariato come stampella socio-assistenziale”, di “volontariato che non richiede competenze specifiche” e di “volontari buona gente”.

A rispondere agli spunti sono stati Diego Motta (Avvenire), Stefano Arduini (Vita) e Vincenzo Varagona (Ucsi). “Non basta raccontare delle buone storie. Occorre anche riuscire a declinare l’intera realtà, a contestualizzare, e offrire soluzioni. Soluzioni che il giornalista non deve inventare, ma ricercare e studiare”, ha fatto presente il presidente dell’Ucsi Vincenzo Varagona parlando del giornalismo costruttivo. Secondo il direttore del mensile “Vita” Stefano Arduini il volontariato non deve limitarsi a raccontare solo quello che fa. “Bisogna parlare anche del perché lo si fa e dell’impatto generato. Raccontate un’esperienza – ha detto rivolgendosi agli operatori del volontariato e del terzo settore – che può essere anche incarnata da una persona. Ma dev’essere una storia di cambiamento, un cambiamento che genera un impatto sociale, una risposta a un bisogno o a un’esigenza sociale che c’è sul territorio”.

Per Diego Motta, capo degli Interni del quotidiano “Avvenire”, terzo settore e volontariato devono unirsi per “ricucire una società lacerata dall’odio sociale e dalla paura”. “Viviamo in un contesto in cui i legami sociali si stanno infrangendo. L’idea del nostro giornale – ha spiegato Motta – è stata quella di accompagnare la riflessione dei lettori su determinate battaglie sociali, una delle quali è senza dubbio quella della cittadinanza per i figli dei migranti nati nel nostro Paese. Riconoscere il titolo di italiano a chi è nato e ha studiato nel nostro Paese, sul modello di quello che stanno facendo in tanti Paesi europei, è un segnale di civiltà”. Altri temi, ha aggiunto, sono quelli del gioco d0azzardo, “una piaga per le nostre comunità”, dell’economia civile e delle storie delle persone premiate dal Quirinale per il loro servizio.

In apertura del dibattito, moderato dal direttore di “Vita Trentina” Diego Andreatta, sono intervenuti anche il presidente della Pro Loco Monte Bondone Marco Conotter, il presidente del Csv del Trentino Giorgio Casagranda, il sindaco di Trento Franco Ianeselli e l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi.

“Noi diciamo ‘buone notizie’ – ha detto il sindaco di Trento Ianeselli – ed è un’espressione che ha una sua forza. Io però trovo più centrata quell’espressione usata dal presidente Mattarella nei giorni del Covid: ‘sommerso del bene’. In una società in cui c’è un’attenzione all’io, abbiamo questo sommerso del bene, queste persone che ogni giorno realizzano qualcosa per gli altri, che c’è e che va raccontato”.

L’arcivescovo Tisi ha ricordato le parole di papa Francesco alla Settimana Sociale di Trieste, dove si è parlato di una “democrazia malata”. “La comunicazione non è malata quando le parole che manda in onda sono parole del gratuito”, ha detto l’Arcivescovo. “E quello che mi affascina del volontariato è proprio questo: che va in onda un inno al gratuito. Solo una parola gratuita permette di costruire il nuovo, di risanare la democrazia e la comunità. Pensando al grande mondo della comunicazione, poi, mi piace pensare che non tutto è malato, che ci sono uomini e donne che pagano con la vita il fatto di mantenere una parola libera. Penso ai tanti giornalisti sui terreni di guerra che muoiono per raccontarci la verità”.

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