Il 25 marzo scorso è entrato in vigore l’accordo tra Italia e Albania sulla deportazione in veri e propri centri di detenzione, appositamente costruiti e gestiti in territorio albanese a spese dell’Italia, di una parte dei profughi soccorsi in mare dalla Guardia costiera italiana. Un accordo disumano e vergognoso. E costoso. L’accordo, chiamato “protocollo”, sottoscritto il 6 novembre 2023 dal capo del governo italiano, di destra, Giorgia Meloni, e dal capo di governo albanese, di sinistra, Edi Rama, è stato approvato in via definitiva dal Senato il 15 febbraio 2024 con 93 voti a favore (centro destra) e 61 contrari (centrosinistra). Già l’idea di deportare qualcuno suona ripugnante alla luce di cosa sono state le deportazioni nel secolo che abbiamo alle spalle. E ad essere deportati saranno, ancora una volta, degli innocenti la cui unica colpa è quella di essere poveri, di aver subito la persecuzione, di fuggire dalla guerra. Persone che spesso hanno subito violenze lungo il viaggio della speranza e che portano dentro traumi a volte terribili. Ma di questo non si parla nell’Accordo tra i due governi. Si parla solo di misure poliziesche e di soldi per pagarle.
Il costo dell’Accordo per l’Italia (l’Albania non spende, ci guadagna, anzi, ci specula, e io penso a cosa direbbero gli albanesi se avessimo fatto così con loro quando emigrarono in massa in Italia…) è di 653 milioni di euro per i prossimi cinque anni (ma è pensabile che i costi cresceranno), di cui soltanto 30 milioni per il mantenimento dei profughi nelle strutture. La gran parte della spesa, come documentano le 28 pagine della relazione tecnica firmata dal Ragioniere dello Stato Biagio Mazzotta (e che si può trovare su Internet), è destinata alla costruzione e gestione delle strutture di detenzione in Albania e per pagare trasferte, diarie, consulenze di poliziotti, funzionari, avvocati italiani.
L’Accordo prevede che siano costruiti in Albania due centri di detenzione (nel testo chiamati “strutture”): uno nel porto di Shengijn, dove si svolgeranno le procedure di sbarco e di identificazione, l’altro a Gjäder, dove i profughi saranno trattenuti in attesa dell’esito della loro domanda di asilo in Italia, valutata da una apposita commissione che opererà a Roma. Gjäder accoglierà 3000 profughi, una mega struttura che non avrà nulla di umano, come è facilmente immaginabile. I profughi non potranno uscire. Potranno essere visitati da avvocati e organizzazioni autorizzate. Come in un carcere. Fuori ci saranno poliziotti albanesi, dentro italiani. Dopo di che i profughi saranno trasferiti in Italia, comunque, o per esservi accolti come rifugiati, se la domanda di asilo avrà esito positivo, o, se avrà esito negativo, per essere rimandati nei loro Paesi di origine (se questi lo consentiranno). Il governo italiano pensa di svolgere “la pratica” in poche settimane. Pie illusioni. In Albania verranno deportati solo profughi soccorsi in acque internazionali da navi delle autorità italiane e provenienti da Paesi “sicuri”. Come la Tunisia dove gli oppositori finiscono in carcere? Su queste navi si separeranno gli adulti, che finiranno nei centri in Albania, dai minori, dalle donne e dagli anziani che finiranno invece in Italia. Il che vuol dire che si spaccheranno anche famiglie. Come fece Trump sulla frontiera col Messico. Siccome i profughi non hanno documenti, come si individueranno minori e anziani? È uno dei tanti e inquietanti punti interrogativi senza risposta.
Se questi 653 milioni di euro fossero spesi, invece, per accogliere decentemente i profughi in Italia, per dare loro la possibilità di frequentare corsi di lingua, istruzione, formazione professionale, per tirocini con le aziende, per progetti di integrazione, non sarebbe tutto questo più umano, più logico, più giusto, più razionale? In un Paese come il nostro, tra l’altro, dove manca la manodopera in tantissimi settori? In Germania sono più di 40 mila i profughi che partecipano a tirocini professionali scuola-lavoro per 330 tipi di professioni (si veda il documentato articolo di Milena Gabanelli e Simona Ravizza “Perché l’Italia rinuncia a formare i migranti”, Corriere della sera, 8 aprile 2024).
Invece noi spenderemo 38 milioni di euro per costruire i due centri di detenzione in Albania (dalle fognature all’acqua alla luce ai collegamenti telematici, perché manca tutto), 25 milioni anche per un carcere (per chi dovesse compiere reati nei due centri), 94 milioni per la sorveglianza esterna della polizia albanese, 260 milioni di euro per viaggi, vitto, alloggio e diaria di polizia e funzionari ministeriali italiani, 100 milioni di euro per noleggio delle navi per i trasferimenti Albania-Italia, 29 milioni per viaggi di avvocati e interpreti… Mi fermo. Non è folle oltre che vergognoso tutto questo?
(Vincenzo Passerini cura il blog www.itlodeo.info)
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