lo spunto
Oserei chiamarla: ”la piazza del mercà”. Mercato libero o mercato tutelato?
Questa discriminazione a carico dei cittadini non è comprensibile e tantomeno accettabile in uno Stato che si ritiene democratico. Dico discriminazione perché non tutti sono in grado di operare questa scelta tanto pubblicizzata anche a livello dei media pubblici e privati.
Queste pseudo privatizzazioni dei beni essenziali, quali acqua ed energia, sono imposizioni dettate esclusivamente dalla necessità di lucrare, di far cassa.
Liberalizzazione, sembra essere il diktat imposto dalle multinazionali, che in determinati frangenti si prendono gioco del comune cittadino, impotente di fronte agli eventi, a scelte che trovo alquanto irriverenti.
Telefonia, energia, autostrade, acqua, banche ecc., ecc. sono beni pubblici, servizi che dovrebbero essere calmierati.
Invece finiscono in Borsa e come tali sono alla mercé di speculatori e arraffoni…
Credo che sia giunto il momento di alzare la testa.
Corrado Zanol (Capriana)
Caro Zanol, non sono certo numerosi i cittadini in grado di capire le reali implicazioni dei mutamenti nel mercato dell’energia e di altri servizi pubblici, mentre sono molti quelli che non ne possono più delle inopinate chiamate telefoniche nelle ore più scomode (quando ci si trova insieme a tavola, solitamente) per sollecitare il passaggio da un gestore all’altro.
Anche perché è esperienza diffusa che le privatizzazioni di un servizio pubblico coincidono spesso con un loro peggioramento o in maggiori difficoltà in caso di guasti, mentre la promessa riduzione di costo appare spesso marginale e limitata, uno specchietto per le allodole. Dopo un po’ i costi possono facilmente risalire, e comunque il controllo di importanti settori strategici finire in mani estranee, fuori dal Paese.
L’energia elettrica proviene dall’acqua (dighe e centrali), accadrà così anche al Trentino?
Ha ragione lei Zanol, le tariffe dei beni comuni e dei servizi strategici dovrebbero essere fissati da una Authority pubblica, semmai uniformati e calmierati a seconda delle diverse circostanze e delle diverse esigenze produttive e modalità d’uso (l’acqua per l’irrigazione dell’agricoltura, ad esempio, dovrebbe ottenere attenzioni particolari rispetto a quella usata – diciamo così – per diporto).
Questo gioco a rimpiattino fra pubblico e privato da fiera “sulla piazza del mercato” trasmette invece alle attività produttive e alla convivenza un senso di incertezza e di precarietà che non fa bene al lavoro e allo sviluppo. Diventa più difficile prevedere e programmare, ed anche restare padroni delle risorse più importanti in casa propria, con le guerre ormai diffuse in Europa e nel mondo.
C’è un altro aspetto da sottolineare ed è la trasparenza (mancata) delle bollette. Chi le riceve, soprattutto fra gli anziani, ha molte difficoltà a districarsi fra le “voci” che elencano e capire “cosa” deve pagare, se sono cresciuti i suoi consumi o invece i costi della materia energetica.
Per quanto riguarda la fine del “mercato tutelato”, prevista il primo di aprile, le bollette – come scrive il quotidiano “La Stampa” nella sua edizione di domenica scorsa – dovrebbero scendere di circa l’8 per cento, a 23 centesimi per chilowattora. è un cifra non molto lontana dai 20 centesimi sui quali i costi s’erano assestati prima del Covid. Dopo aver toccato livelli di 66 centesimi per la crisi del gas in seguito anche alle guerre, oggi i costi del gas sono scesi nonostante perduri l’inflazione, gli alti tassi di interesse e la bassa crescita.
Una prima flessione dei costi (meno 3 per cento) si è avuta il primo di febbraio (prima c’era stato un aumento dell’Iva) e un’ulteriore riduzione è attesa. Ma restano gli “oneri di sistema” e la tassazione che nel periodo più difficile non erano stati eliminati, ma spostati sul bilancio statale, con un aumento del debito pubblico nazionale, il più grande in Europa rispetto al Pil, che se non si paga in un modo si paga nell’altro…
Per quanto riguarda la materia prima le cose sembrano andare meglio, per l’apporto delle energie rinnovabili e del nucleare francese che viene importato. Occorre però fare attenzione. Il 17 per cento dei consumi italiani di elettricità è coperto con importazioni dall’estero. Molta strada resta ancora da fare per stabilizzare le bollette.
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