“Vogliamo dar voce ai nostri fratelli e sorelle presenti sul nostro territorio dai vari continenti. Molti di loro condividono la stessa fede cristiana. Vogliamo chiedere a Dio non semplicemente di accoglierli, questo è il minimo, ma di riconoscere il dono grande che sono per noi in termini di cultura, di diversità, e in termini di aiuto alla nostra realtà, anche di assistenza negli ospedali e nelle case di riposo. Guai se non avessimo i nostri fratelli migranti“.
Così l’arcivescovo Lauro Tisi ha esordito nel corso della Messa che ha celebrato questa mattina, 6 gennaio, per l’Epifania. Monsignor Tisi ha aggiunto che “l’amore, per sua natura, è creativo e valorizza le differenze”.
“E’ molto bello poter dire, come l’apostolo Paolo, che dentro di noi vediamo il bene – ha detto nell’omelia l’arcivescovo Lauro Tisi – anche se talora non riusciamo a realizzarlo o, come dice l’apostolo Paolo, ci può capitare di fare ciò che non vorremmo. Intanto portiamoci a casa che ognuno di noi, che la storia, i popoli e le comunità sono abitate dal desiderio del vero e del bello“.
Ma “è altissimo” e “dietro l’angolo”, secondo l’arcivescovo Tisi, “il rischio che abbiamo le coordinate per arrivare a Dio, il rischio che mandiamo in onda riti apparentemente ben fatti, ma che alla fine, come gli scribi, non ci muoviamo verso Dio”.
“Non sempre la conoscenza della scrittura va da pari passo con la spinta a cercare realmente Dio”, ha spiegato monsignor Tisi. “A volte – ha aggiunto – usiamo l’armamentario liturgico per noi stessi. Terribile usare la Parola e i riti per noi stessi. L’esperienza degli scribi, che sanno dove nasce il Messia, ma non vanno dal Messia, mentre ci vanno i pagani, è lì a dirci Chiesa, stai attenta di non utilizzare gli strumenti della Parola e della liturgia per celebrare te stessa, anziché per uscire e andare a celebrare il tuo signore. Attenti che rischiamo di parlare tanto di Chiesa e di non avere più la coscienza che la Chiesa esiste per andare fuori, in missione, in uscita, non per se stessa. Esiste per essere lievito e sale per il mondo, non per celebrare o custodire se stessa. In questo secondo caso, diventa un museo e non serve a nulla: diventa sale insipido”.
I Magi, secondo monsignor Tisi, “si lasciano interpellare dai dati della realtà”. “Lasciano che la vita parli a loro”, ha aggiunto monsignor Tisi. “E interrogando quello che sta accadendo, provando ad ascoltare tutta la fatica delle relazioni che è sotto i nostri occhi e questa umanità che si pensa in modo autoreferenziale, dove ognuno è vita a se stesso; sotto questa realtà c’è una stella, una domanda, che è quella di trovare vie nuove per stare nella vita e per stare nella storia. Queste vie nuove le troviamo, ancora una volta, nella grotta di Betlemme”.
Le coordinate nuove sono “l’amore che non dice mai basta, che diventa abbraccio del nemico e perdono”. Questa, secondo monsignor Tisi, “è la via nuova ed altra che i Magi cominciano ad intraprendere e che è chiesta alla Chiesa oggi. Ci viene chiesto di rimanere fermi nell’amare“, ha concluso monsignor Tisi.
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