Nel calendario liturgico di Terra Santa tutti gli anni la seconda domenica del tempo ordinario celebriamo solennemente a Cana la festa del “primo miracolo”. È una festa molto sentita dalla comunità locale ed è la terza “Epifania” cioè la terza manifestazione del Signore.
La prima la celebriamo a Betlemme il 6 gennaio ed è la manifestazione di Gesù alle genti. La seconda, domenica del Battesimo di Gesù, la celebriamo sulle rive del Giordano dove il Padre manifesta che Gesù è suo Figlio e il Servo redentore. La terza è a Cana dove, all’interno di una festa di nozze, Gesù comincia a manifestare la sua gloria e i discepoli cominciano a credere in Lui.
La Parola di Dio di questa domenica è infatti tutta a tema nuziale e ci invita a riflettere sul matrimonio di Dio con il suo Popolo, sul matrimonio di Cristo con la Chiesa, sulla esistenza cristiana come esistenza matrimoniale. Siamo perciò invitati a comprendere, alla luce dell’amore di Dio per l’umanità, tutto il valore dell’amore umano.
Nell’Antico Testamento il simbolo matrimoniale è uno dei più adatti ad esprimere il tipo di relazione che Dio vuole instaurare con il popolo d’Israele. L’alleanza di Dio con il popolo non è di tipo economico-militare ma di tipo matrimoniale: «Sì come un giovane sposa una ragazza, così il tuo creatore sposerà te. Come l’uomo gioisce per la sua sposa, così il tuo Dio esulterà per te» (Is 62,5 trad. TILC). L’evangelista Giovanni pone all’inizio del ministero di Gesù il brano evangelico delle nozze di Cana e con questo episodio ci fa comprendere che il matrimonio tra Dio ed il suo popolo si realizza nella vita, nel ministero e nella Pasqua di Gesù: «A Cana inizia la festa nuziale tra Gesù e la comunità» (cfr. L. Zani, Lo Spirito e la Sposa dicono: Vieni, Trento, p. 33).
Dalle letture di questa domenica comprendiamo pure che il Cristo-Sposo si prende cura della Comunità-Sposa. Nel brano di Isaia ciò appare attraverso una serie di termini che esprimono il compiacersi di Dio per il suo popolo: è per la premura di Dio che il popolo eletto supererà un persistente stato di abbandono, devastazione e solitudine. Nella seconda lettura il Cristo-Sposo si prende cura della Chiesa-Sposa ricolmandola in modo sovrabbondante dei doni dello Spirito. Nel vangelo il Cristo dona un vino nuovo: «il vino è il dono dello Spirito Santo, è l’Eucarestia, è il vangelo (…), è l’insieme dei beni messianici portati da Gesù in dono alla Sposa, alla sua comunità» (L. Zani, op. cit., p. 32).
Leggendo e meditando queste pagine bibliche sorgono tre filoni di interrogativi: 1) Come comunità ecclesiale abbiamo coscienza di essere la Sposa di Cristo? Ci rendiamo conto dei doni che Cristo ha già fatto alla nostra comunità? 2) I cristiani che si sposano hanno coscienza di essere chiamati a rendere presente nel nostro mondo l’amore di Cristo per la Chiesa e per l’umanità? I matrimoni cristiani fanno intuire qualcosa di questo amore? 3) Noi quale “vino” stiamo bevendo e desideriamo bere? Il vino “nuovo” portato da Cristo a Cana o qualche suo surrogato? A quale amore attingiamo ed aspiriamo? Che cosa ci dà gioia?
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