Il 23 febbraio 2020 la pandemia bloccava gli spettacoli dal vivo. A un anno esatto di distanza, le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo, dell’arte e della cultura in Trentino hanno manifestato assieme oggi pomeriggio a Trento, in piazza Cesare Battisti dove si apre il retropalco del Teatro Sociale, per portare l’attenzione sul ruolo della cultura e per dare visibilità alle difficoltà di tutto il settore.
La manifestazione è stata promossa dal sindacato SLC-CGIl Trentino con l’adesione di Art Workers Italia e Confeventi e artisti Trentino.
In piazza si sono alternate le voci di chi con il prolungarsi della pandemia vede avvicinarsi pericolosamente la prospettiva di chiusure definitive di teatri e cinema e la conseguente perdita di posti di lavoro e di molte professionalità in tutti i comparti.
“E’ arrivato il momento di unirci tutte e tutti, noi lavoratori e lavoratrici dello spettacolo, che siamo carne e sangue sul palcoscenico, ma anche occhi e cuore nella platea, in un’unica e collettiva voce di vibrante protesta”, l’appello di Mirko Michelon, regista di teatro, opera e cinema, letto al microfono. “L’arte e la cultura sono sangue vivo che scorre nelle vene di una città, di un territorio, di una nazione, ma non sono tenute in considerazione. Lo spettacolo e la cultura devono rimanere dal vivo. Ben venga la tecnologia, ma come esperienza che possa tornare utile sotto altre future forme di creazione e fruizione”.
Se la diffusione di spettacoli in streaming ha garantito un qualche contatto col pubblico, ma non certo assicurato un reddito dignitoso e certo, questa modalità appare totalmente inappagante, come ha ricordato l’accorato messaggio di Vanessa, insegnante di danza: “Sola nella mia piccola bolla, apro il computer e ho una finestra sul mondo. Posso essere in contatto con tutti, ma non lo sono con nessuno. Il virtuale è diventato realtà. Ma la realtà non è sostituibile, le persone non sono sostituibili”.
“In questo lunghissimo anno ci siamo ritrovati senza punti di riferimento, senza sicurezze, senza prospettive sul loro lavoro”, ha ricordato Fabrizio Guastamacchia di Confeventi Trentino (Confcommercio), consigliere comunale a Trento. “La maggior parte di noi non ha potuto contare su alcun tipo di sostegno da parte delle istituzioni nazionali e non voglio considerare le mancette dei primi mesi di lockdown. Penso a tutte le aziende che sono incappate nei cavilli burocratici dei codici Ateco. La maggior parte di noi è stata costretta a reinventarsi”. Per molti professionisti ciò ha significato buttare al vento anni di esperienza e professionalità.
Comune l’amarezza per aver visto definire l’intero settore dello spettacolo dal vivo “non essenziale” e la rabbia per quella che è stata definita “la palese disuguaglianza” dell’impatto sulla vita delle persone delle misure restrittive adottate per contenere il contagio. “Eppure tuttora, dopo un anno, le risposte faticano a vedersi all’orizzonte e a concretizzarsi con una programmazione seria di rilancio” di un settore che, ha lamentato Guastamacchia, è stato “non solo dimenticato, ma addirittura criminalizzato”.
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