“Questa mattina abbiamo avuto la gioia di assistere all’immissione della proprietà della terra del quilombo Matão. Sono passati quasi dieci anni di lotte di attesa a partire dal rapporto antropologico che riconosceva la legittimità del sogno della comunità di riavere il proprio territorio. L’ufficiale giudiziario con i rappresentanti dell’INCRA, l’Instituto Nacional de Colonizaçao e Reforma Agrària, ha consegnato alla comunità la Fazenda Santo Antonio di 117 ettari”. Chi parla è Luigi Zadra, originario di Denno (Val di Non), nell’informare da João Pessoa (nello Stato di Paraíba, in Brasile) dell’evento storico i propri corrispondenti trentini.
Luigi Zadra è una singolare figura di missionario laico. Partito dall’Italia negli anni Sessanta del secolo scorso per le missioni brasiliane, lascia la tonaca per aiutare i poveri delle fazendas e unirsi a loro nella lotta per il riscatto umano e sociale. A cominciare dagli ultimi degli ultimi, cioè le tribù nere degli ex schiavi, per le quali spende la sua vita chiedendo aiuti al suo Trentino d’origine.
Dopo dieci anni di lotta nei giorni scorsi la terra è tornata comunitaria, finalmente tornando ai suoi legittimi proprietari. In passato c’era anche una piantagione di alberi da frutto (mango), che era stata abbandonata dalla comunità. “Questa terra ci sta tutta nello sguardo soddisfatto e commosso dei presenti che la osservano con affetto. Questa terra è nostra, è il grido di tutti, e il suono dei tamburi della band dei giovani del Matão si diffonde nella piccola valle e richiama l’ancestralità mentre i mortaretti scoppiano per dare voce all’urlo represso in gola da tanti anni…”.
La gioia è grande anche se la prevenzione per via del Covid–19 che circonda anche la comunità quilombola inibisce gli abbracci e le manifestazioni del sentimento di soddisfazione. La festa sarà piena e bella più avanti. “Promettiamo che con l’inizio delle piogge molto vicino, questo fondale diventerà verde; pianteremo alberi da frutto, orti e sarà nuovamente il luogo dell’abbondanza. Le mani di Zefinha e di molti faranno di nuovo i calli, calli benedetti che produrranno per tutti, non più per un padrone. Non sarà più necessario umiliarsi a un proprietario per avere in affitto un pezzo di terra per la piantagione…”.
Ora la comunità possiede il suo territorio, il territorio degli antenati, dell’identità. Questa terra è mancata a loro per molti anni, ma ora è abbracciata dai quilombolas e li abbraccerà sempre da qui in avanti.
Luis Zadra sposa un’assistente sociale impegnata nella rete associativa per i diritti contro la schiavitù, la brasiliana Francimar. E ha sempre tenuto i contatti con il suo Trentino, dove quasi ogni anno ritorna a salutare parenti e amici, soprattutto quella rete di solidarietà che si è costruita con l’impegno diuturno negli anni di apostolato laico e filantropico. La sua mission è raccogliere fondi per sostenere a distanza i villaggi miseri dell’interno brasiliano.
Da un decennio si impegna per il riscatto dei villaggi brasiliani di origine africana, aiutando la discendenza africana del Brasile ad assumere la propria identità etnico razziale in un processo progressivo di autostima, oltreché di diritto alla sussistenza in terra brasiliana.
Profondo il legame col Trentino, mediato da amici di Luigi Zadra, come Lino Valandro, suo compagno di studi al Seminario trentino, e l’associazione “Riccardo Pinter”, che fin dall’inizio ha creduto nel progetto di riscatto della terra da parte dei neri del Brasile, i quilombos.
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