Il requisito di 10 anni di residenza in Italia per accedere agli alloggi pubblici è in contrasto con il diritto UE: lo ha stabilito con un’ordinanza emessa il 29 settembre il giudice di Trento, Giorgio Flaim, accogliendo il ricorso promosso dall’ASGI (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) e da un cittadino etiope – assistiti dagli avvocati Giovanni Guarini e Alberto Guariso – per contestare proprio il requisito di 10 anni di residenza in Italia richiesto dalla legge provinciale 5 del 2019 per accedere sia agli alloggi pubblici sia a un contributo economico per il pagamento dell’affitto.
Secondo la Provincia di Trento, precisa una nota dell’ASGI, il requisito di 10 anni di residenza sul territorio nazionale andava introdotto in analogia con le norme sul reddito di cittadinanza, ma i ricorrenti hanno contestato sia l’illogicità di richiedere un requisito di lungo residenza sul territorio nazionale per una prestazione di carattere provinciale, sia gli effetti discriminatori della norma che portava alla esclusione di molti cittadini stranieri anche se inseriti da tempo nel contesto nazionale e trentino; sia il suo contrasto con la direttiva dell’Unione 109 del 2003 che garantisce parità di trattamento ai titolari di permesso di lungo periodo.
Il giudice ha ritenuto superfluo anche il rinvio alla Corte Costituzionale perché l’obbligo di garantire parità di trattamento discende direttamente dalle norme dell’Unione e prevale sulla legge provinciale. Ha quindi ordinato alla Provincia di “disapplicare” la legge provinciale e di modificare il regolamento attuativo eliminando il requisito dei 10 anni di residenza in Italia.
La decisione del giudice è immediatamente esecutiva e la Provincia è stata anche condannata a pagare 50 euro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della ordinanza.
“La decisione dovrebbe essere materia di riflessione anche per il Governo rispetto alle norme sul reddito di cittadinanza – hanno dichiarato i legali dei ricorrenti – Per il Trentino poi è un primo passo molto importante per rimuovere le norme introdotte dalla Provincia negli ultimi anni in materia di welfare (come ad esempio la modifica della disciplina sull’assegno unico provinciale) che hanno determinato effetti gravissimi di esclusione in danno degli stranieri, in contrasto con le politiche di inclusione che l’Unione Europea ci sollecita e che andrebbero a vantaggio di tutta la comunità”.
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