Come sarà l’inizio delle attività didattiche “in presenza”, dopo la tempesta Covid-19? Le linee guida adottate dalla Provincia Autonoma di Trento per il contenimento del rischio di contagio (misurazione della temperatura all’arrivo a scuola, mascherine nei momenti di potenziale rischio di assembramento, distanziamento, aerazione con pause per il giusto ricambio d’aria, ricreazione in classe…) avranno meno efficacia o saranno del tutto inutili senza il sostegno convinto delle famiglie, chiamate a sottoscrivere con la scuola un “patto di corresponsabilità” che le impegna ad osservare una serie di regole a tutela del benessere e della salute di tutti.
“Corresponsabilità” è la parola d’ordine del nuovo anno, ribadisce il dirigente generale del Dipartimento istruzione e cultura della Provincia autonoma di Trento, Roberto Ceccato.
Mondo della scuola e famiglie assumono un impegno reciproco. Non è una novità, ma in questi tempi post pandemia assume connotati particolari.
“Le regole da sole non bastano. La sfida che abbiamo di fronte possiamo pensare di vincerla solo insieme: famiglia, docenti, scuola, Provincia. Per la scuola dell’infanzia questo si è tradotto in un patto di corresponsabilità formalizzato, mentre per quanto riguarda la scuola primaria e secondaria, sarà ciascun istituto, in ragione della sua autonomia, a provvedere a definire il documento da far sottoscrivere alle famiglie”.
Cosa ci ha lasciato la faticosa esperienza del lockdown forzato?
“Nel periodo della quarantena è cresciuta, mi pare, la consapevolezza che dobbiamo, come genitori, riappropriarci della responsabilità educativa. Il patto di corresponsabilità, da questo punto di vista, non significa soltanto: condividiamo una situazione difficile, una responsabilità che potrebbe generare, se non ben gestita, effetti negativi dal punto di vista della salute, ma anche riprendiamoci un ruolo in cui condividiamo gli obiettivi fondamentali che riguardano i nostri figli e proviamo a metterli più al centro, in una logica maggiormente collaborativa”.
La didattica a distanza ha acceso il dibattito.
“La didattica a distanza ci ha fatto fare qualche progresso dal punto di vista tecnologico, ha fatto crescere le competenze (vale sia per le famiglie e i ragazzi sia per gli insegnanti). Ma ha significato anche rimettere la famiglia al centro della responsabilità educativa. Quei mesi di lockdown ci hanno detto che la famiglia non può limitarsi a un affidamento in bianco al
la scuola, ma deve riscoprire un ruolo, come molti hanno avvertito stando più vicini ai figli e riscoprendo questa dimensione di genitorialità”.
Siamo pronti ad affrontare nuove emergenze, nuove situazioni potenzialmente critiche?
“L’esperienza fatta ci ha insegnato a gestire queste situazioni senza stravolgere la vita delle istituzioni educative e scolastiche. Sul futuro non possiamo mettere la mano sul fuoco, ma dobbiamo essere fiduciosi. C’è comunque una parte sia pure molto limitata dei genitori che ha paura di riportare a scuola i bambini, fa fatica a fidarsi dell’istituzione scolastica. E’ un fenomeno da capire”.
La pandemia ha fatto emergere ingiustizie già conosciute. Che preoccupazione per chi fa più fatica?
“L’obiettivo, ambizioso e non facile, di non lasciar
e indietro nessuno è stato al centro dell’attenzione, fin da subito. Ha voluto dire anche dedicare risorse specifiche a quella realtà di bisogni educativi speciali che avrebbe potuto risentire maggiormente delle limitazioni imposte dall’esigenza di contenimento del contagio”.
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