È arrivato in Consiglio provinciale l’appello dei lavoratori precari dello spettacolo e dei musei, fortemente penalizzati dalla situazione di emergenza degli ultimi mesi.
Uno stallo che per tanti di loro, senza lavoro e quindi senza stipendio da mesi a causa delle limitazioni dovute al Covid19, rischia di protrarsi ancora a lungo, alla luce del rinvio o della cancellazione di moltissime manifestazioni di ogni tipo in programma nei prossimi mesi.
A denunciare una problematica che sta diventando insostenibile una delegazione di professionisti composta da Tommaso Baldo della Fondazione museo storico del Trentino, Giovanni Viruso del Muse, Valeria Marchi del Mart e Giovanni Gislimberti del settore tecnici dello spettacolo, ascoltati nella mattinata di oggi dalla Quinta Commissione, presenti i consiglieri Ambrosi, Dalzocchio, Degasperi, Ghezzi, Guglielmi, Moranduzzo e Ferrari.
Tante le richieste dei lavoratori del settore culturale, a partire dalla necessità di maggiori tutele, perché “anche lo spettacolo è un lavoro da cui dipende il reddito di molte famiglie”, ha detto Gislimberti. “Va rimosso il continuo ricorso all’esternalizzazione del nostro servizio, adottando un contratto che stabilizzi i lavoratori su 12 mesi o almeno sulla stagionalità”, ha aggiunto Valeria Marchi, rappresentante dei mediatori museali del Mart, guardando anche alle problematiche di lungo periodo: “Se si continueranno a ridurre gli importi delle gare d’appalto per i servizi educativi, diminuiranno ancor più le paghe dei lavoratori da cui dipendono queste attività. Con il risultato di vanificare, alla lunga, la possibilità di produrre il profitto al quale il museo punta. Tagliando lo stipendio ai mediatori museali si pensa di risparmiare ma in realtà si finisce per perderci riducendo l’offerta”.
Sulle esternalizzazioni ha puntato il dito anche Tommaso Baldo: “La nostra professionalità va difesa, occorre superare l’idea che un museo viva solo di grandi eventi e che contino solo i numeri. Deve affermarsi la convinzione che valorizzare gli intermediari museali è necessario per investire sul rapporto con il territorio“, mentre Giovanni Viruso, del Muse, ha evidenziato il problema con un esempio particolarmente eclatante: “Nessuno dei 60 nuovi colleghi assunti al Muse ha potuto permettersi una paternità negli ultimi 7 anni mentre le colleghe andate in maternità hanno scelto di licenziarsi non riuscendo a conciliare lavoro e vita personale. Occorre chiedersi se la cultura e l’educazione museale siano da subordinare solo a logiche di mercato o non siano piuttosto da mettere in relazione con il mondo della scuola e dell’università“.
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