Il Signore vi dia pace. La mitezza per un cristiano è frutto dello Spirito Santo che agisce dentro di lui e San Paolo nella Lettera ai Galati la inserisce in una sequenza di nove caratteristiche che delineano la vita del discepolo di Gesù: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”. È un dono che riceviamo, ma richiede impegno personale e che diventiamo persone capaci di “assorbire” una parte del male che ci circonda. I processi di pace richiedono la diffusione di una cultura della mitezza: serve la capacità di fare il primo passo, di agire con amore per spezzare la spirale della violenza. Il violento è debole e stolto, il mite è forte e sapiente: si domanda qual è l’azione più efficace su tempi lunghi. “Beati i miti perché erediteranno la terra”: Gesù riprende il Salmo 37(36),11, particolarmente severo nel contrapporre i miti ai violenti, per ribadire che a ereditare la terra promessa da Dio e ad avere un futuro sono coloro che si fidano di lui. Questo Salmo è citato anche nel Corano. Bisogna concepire il potere come servizio non dominio, e Gesù propone a Pietro di innescare un circolo virtuoso del perdono, di perdonare fino a settanta volte sette. Non esiste solo la virtù ma anche la sua simulazione: Gesù dice che dobbiamo stare attenti a quelli che vengono a noi vestiti da pecore, ma dentro sono lupi rapaci. Oggi i miti sono coloro che hanno la forza di rifiutare l’uso gratuito e sproporzionato della violenza e il miglior esempio di mitezza offerto da San Francesco è nel brano “Della vera letizia” dove la mitezza è messa alla prova da chi fa parte della tua famiglia e arriva a escluderti, e tu rimani in piedi interiormente sereno e lieto. Mi ha colpito per la sua mitezza il patriarca copto Papa Tawadros, che ha trovato in Papa Francesco e nel Grande Imam di Al Azhar Al Tayyeb degli interlocutori per avviare relazioni nuove tra cristiani e musulmani. Nei rapporti personali è l’unico atteggiamento che può “sgonfiare” il prepotente, nella vita pubblica è virtù politica che favorisce la mediazione e l’intesa e quindi riduce i rischi di divisione sociale. Non è “buonismo”, parola oggi coniata per screditare chi propone il bene come valore e come misura dell’agire politico e sociale. La mitezza, per dirla con Bonhoeffer, è anche “resistenza” al male, la più costosa: il mite paga di persona e con la vita. È attraverso la mitezza radicale, incarnata dal Messia sofferente, che il male viene vinto perché preso su di sé da qualcuno in grado di portarlo e perciò è autentica forza. La nostra azione in Terra Santa è quella di una minoranza, ma la mitezza rende possibile il dialogo tra credenti di fedi diverse. Le scuole sono luoghi di convivenza e amicizia tra cristiani e musulmani: sogno che siano luoghi di costruzione della fraternità e di un futuro di pace.
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