L’Italia è un Paese in guerra? “Sì, perché fa delle scelte che la impegnano militarmente e da queste scelte dipende anche la nostra economia”, la risposta di Raffaele Croco nel condurre dritti all’articolo 11 della Carta Costituzionale per cui “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Con questo comma l’Assemblea costituente volle portare l’Italia, dopo le tragedie dei due maggiori conflitti armati del Novecento, sul giusto binario evitando successive implicazioni. Il tema sviscerato dal giornalista Rai e cofondatore di Peace Reporter di fronte ad un esiguo pubblico accorso la sera del 20 settembre a Terlago risulta essere controverso e alquanto delicato.
Non una dichiarazione di pacifismo, certo, ma a distanza di sette decenni il nostro Bel (e non proprio Buon) Paese può dirsi tutto fuorché contro l’uso delle armi. A onor del vero, dai conflitti in atto nel mondo (circa settanta le nazioni attualmente coinvolte) lo stato italiano ci guadagna parecchio e manifesta tutta la volontà di proseguire su questa strada.
L’incontro “Conoscere le guerre, capire le migrazioni” incorniciato nella rassegna “Tutti i colori della Pace” è stato introdotto dall’assessora alle politiche giovanili di Vallelaghi Patrizia Ruaben e dal Forum trentino per la pace e i diritti umani in quanto propedeutico alla storica manifestazione pacifista Perugia-Assisi del 7 ottobre, a settant’anni dalla sottoscrizione della Dichiarazione universale dei diritti umani.
Il mondo è in guerra. Quotidianamente veniamo a sapere di crimini orribili e di violenze inaudite compiuti nell’inerzia della politica, nell’indifferenza dell’opinione pubblica internazionale e nell’impunità pressoché generale. Argomenta con i dati, Crocco. Secondo “Atlante delle guerre nel mondo” da questi diretto, quella israelo-palestinese è soltanto una delle 36 guerre che oggi si stanno combattendo. Per l’Italia 7.500 uomini e donne in armi sono impiegati ogni giorno in operazioni militari all’estero al costo di mezzo milione di euro al giorno. Maglia nera per l’Africa con ben 14 combattimenti, dalla Libia al Sud Sudan alla Somalia, seguita a ruota dal Medio Oriente, polveriera del pianeta. Eventi bellici sono in atto anche nel Vecchio Continente: in Cecenia, a Cipro, in Georgia, in Kosovo e in Ucraina. Di guerre in tregua o congelate finché qualcuno, da una parte o dall’altra, deciderà di sparare un altro colpo.
A guardare la mappa planetaria, appare maggiormente estesa la porzione di mondo con spargimenti di sangue che non quella con la bandiera arcobaleno sventolante.
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