Paola Grott, costantemente alla ricerca

Viene presentato venerdì 6 ottobre alle 17.30 presso la Biblioteca Comunale di Baselga di Pinè con interventi di Micaela Bertoldi, Nadia Scappini e Gino Broseghini il catalogo delle opere su carta, piccole sculture di Paola Grott intitolato “Interno 325”.

Dopo aver essersi diplomata all’Istituto d’arte di Trento, Paola Grott si è trapiantata a Milano per frequentare l’Accademia di Brera e lì è sempre rimasta e da circa cinquant’anni rimane, peraltro mai trascurando amicizie e legami forti con la sua terra di origine: in Trentino ritorna piuttosto frequentemente. Franco de Battaglia, Michaela Bertoldi, Giuseppe Calliari, Antonella Carlin, Marcello Farina, Mario Cossali, solo per citarne alcuni, sono per lei non solo dei nomi ma dei concreti legami e punti di riferimento.

Per lei l’attività artistica non è un mestiere ma un bisogno, un costante impegno fisico, è indagare, mettersi in discussione. La velocità delle nuove tecnologie cozza con il bisogno di tempi lunghi indispensabile per elaborare in modo un minimo soddisfacente il tema al quale sta lavorando. Lavora per cicli e di media ne sviluppa uno ogni due anni. Cicli che spesso se non sempre approdano a una mostra e ad un libro. Dei raffinati libriccini di bella carta spessa che è un piacere sfogliarli, un centinaio di pagine ove le riproduzioni delle sue opere intelligentemente monotematiche sono intercalate da poesie, saggi, riflessioni, sue e di alcuni amici scelti. Il formato è un raffinato 16°, una misura antica, desueta. Per citare il Nobel giapponese Kawabata può stare “in un palmo di mano”. Sono le sue stesse dimensioni ridotte ad imporre una disciplina compositiva di assoluta severità, degli strumenti operativi del tutto sofisticati. E’ proprio il suo stare “in un palmo di mano” a richiedere una tecnica esecutiva forte. Dovendo contenere in pochi centimetri quadrati un mondo compiuto l’artista è costretta a ricorrere al massimo della concisione spogliando la sua opera di ogni elemento superfluo e mettendo in risalto le soluzioni tecnico-formali più ardite: più il campo si restringe, infatti, più l’angolo di penetrazione si deve fare acuto. Nel passaggio fra l’ideazione e la realizzazione dell’opera definitiva ciò che non esiste, ciò che non può esistere è il tempo. Si tratta della metamorfosi della idea incorporea nella carta, la tempera, l’olio, il bronzo, l’argento. Il massimo della aleatorietà viene tradotto nell’opera concreta, definitiva, immodificabile. L’attimo diviene eternità. Paola Grott non guarda mai l’orologio, ma neanche il calendario. L’opera che nasce dalle sue mani va oltre il quando.

E’ un modo di lavorare che di più antieconomico non ce n’è. Con rammarico constata il prepotente ruolo del danaro e di quello che efficacemente definisce “marketing” nell’ambito della produzione figurativa e della sua diffusione, ma non è poi che gliene importi più di tanto. Lei continua  a praticare la pittura come un “esercizio di pensiero”, consapevole che dedicarsi all’arte è un lavoro difficile, che il viaggio nell’arte è una ricerca di un senso, una ricerca dell’ignoto in noi e fuori di noi. Trovo molto coerente con ciò la sua viva passione per il mito. Sia nel suo libro del 2015, “40 lune e dintorni”, che in quello del maggio scorso, “Interno 325”, riprendono vita i miti antichi: Danae e Perseo, Borea, Mida, Vertumno, Selene … ma qui non c’è tempo per parlarne.

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