Quel Boccioni che amava tanto il passato…

“Ho tra mano il bel volume su La Pittura e Scultura futuriste del mio amico Boccioni, vice re del futurismo. Il libro è corredato passatisticamente da una comune e passatistica fotografia dell'autore. Questi bravi giovanotti per quanto facciano non potranno mai spogliarsi dei più rancidi usi del passato, non potranno mai essere abbastanza futuristi!”. Lo scritto, in un ritaglio, mette in luce un Umberto Boccioni (1882-1916), intimo, privato ed inedito, grazie ai recenti studi di carte personali dell'artista – tre Diari giovanili (1907-1908) e il cosiddetto Atlante delle immagini – donate nel 1955 alla Biblioteca civica di Verona da Amelia Raffaella Boccioni Callegari, sorella di Umberto. I documenti, in particolare l'Atlante – composto da grandi fogli su cui il Boccioni aveva incollato oltre duecento ritagli di articoli da riviste e albi illustrati e riproduzioni artistiche, non solo sul nascente movimento futurista ma anche sull'arte del passato – costituiscono il fulcro della mostra “Umberto Boccioni. Genio e memoria”, allestita presso il Museo d'arte moderna e contemporanea (Mart) di Rovereto.

Curato da Francesca Rossi, in collaborazione con Agostino Contò, l'evento sviluppa ulteriormente, a livello di studio e ricerca, l'analoga mostra tenutasi con successo nei mesi scorsi al Palazzo Reale di Milano, in occasione del primo centenario della morte dell'artista d'origine calabrese. L'esposizione, promossa dalla Soprintendenza del Castello Sforzesco, in collaborazione con il Museo del Novecento e Palazzo Reale del capoluogo lombardo, il Mart di Rovereto e la Casa editrice Electa (produttrice del ricco catalogo) ripercorre in cinque sezioni l'evoluzione artistica dell'autore fino all'ingresso nel Futurismo, una parabola straordinaria ma anche breve, vista la morte prematura dell'artista, deceduto a seguito di una caduta da cavallo nel servizio militare durante la guerra. Molti i disegni presenti – il linguaggio grafico era quello prediletto dal Boccioni – provenienti in gran parte dal Castello Sforzesco. Mentre la parte più ampia vede protagonista la figura della madre, ritratti che dalla scomposizione del colore, tipica del divisionismo, arrivano alla scomposizione della forma, caratteristica dell'avanguardia futurista.

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