Il commiato a Betty Okoro, mediatrice culturale scomparsa a 40 anni; secondo la tradizione nigeriana, anche il banchetto funebre
Il Trentino che cambia lo vedi al cimitero di Trento. Non solo per lo spazio riservato ai defunti di religione islamica, dove le tombe sono ormai più di venti. Balza all’occhio un sabato mattina quando più di centocinquanta uomini e donne dalla pelle scura escono con la testa bassa dalla cappella del cimitero monumentale.
Quella che vi raccontiamo è la storia di una giovane donna. Si chiamava Bettyelena Okoro, aveva 40 anni ed era in Italia da quindici. È morta il 12 marzo scorso all’ospedale di Trento dove era ricoverata per grave insufficienza renale. Il funerale è stato celebrato quaranta giorni dopo la morte perché “l’ultima parola spetta al marito” dice il fratello di Bettyelena, Austin Okere (il cognome è quello del nonno) che è arrivato in Italia 9 anni fa e lavora come magazziniere a Lavis. Inoltre, c’era il problema di fare arrivare in Italia la mamma di Betty, Helen Okoro, di 64 anni. Nonostante le mille sollecitazioni arrivate dall’Italia, la donna ha ottenuto il visto soltanto giovedì. Insomma è partita da Lagos venerdì ed è arrivata a Trento giusto in tempo per l’ultimo saluto alla figlia. Non è stato il primo viaggio fuori dall’Africa per questa “mamma” in lutto. Molti anni fa, racconta il figlio, era volata a Londra. Ma era stata davvero un’eccezione.
Betty era un personaggio nella comunità africana del Trentino perché è stata a lungo mediatrice culturale. Ma se ad accompagnarla nell’ultimo viaggio lontano dall’Africa c’erano più di cento suoi “fratelli”, alla comunità d’origine si sono aggregati anche le mamme e i bambini del rione di San Martino dove la figlia di Betty, che non ha ancora sei anni, frequentava la scuola dell’infanzia.
Nati cattolici, quando sono diventati maggiorenni, racconta Austin, i due fratelli sono diventati protestanti. Per tale ragione al funerale è stato chiamato un pastore che vive a Verona. Nel pomeriggio di sabato, in un’affollata sala della Circoscrizione, in via Perini a Trento, la famiglia di Betty ha ricordato la scomparsa con un altro rito: la lettura di brani della Bibbia da parte di una diaconessa della Chiesa luterana; il ricordo appassionato degli amici e dei congiunti. Infine si è fatto un banchetto funebre. “Di solito, in Nigeria, il banchetto si fa dalle sette della sera alle 6 del mattino del giorno del funerale”, spiega Austin, “ma qui non abbiamo potuto perché non ci è stato permesso”. tuttavia si è rispettata la tradizione almeno nelle pietanze, comprese le Meat Pie, tortine di carne con farina, burro, uova. Uno dei piatti tipici della cucina nigeriana che in Africa usa distribuire prima dell’inumazione di un defunto.
Il banchetto funebre – caratteristica delle comunità di lingua tedesca anche del vicino Alto Adige – molto tempo fa si praticava anche in Trentino. Nei lasciti testamentari dal tardo Medioevo fino al XIX secolo, soprattutto nei periodi delle pestilenze, si enumeravano gli obblighi e le donazioni a chiese e altari. Tra questi obblighi figurava la distribuzione di pane e vino, burro e formaggio, per ricordare il defunto-testatore. Come dire che l’Africa è sulla porta di casa e che, almeno nella morte, siamo tutti uguali.
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