L’accoglienza è un imperativo

Nuova strage nel Mediterraneo. Organismi e associazioni chiedeno al Governo italiano e all‘Unione europea un cambio di rotta. La testimonianza del Centro Astalli

Oltre 300 migranti dispersi in mare nella notte tra l’8 e il 9 febbraio nel tentativo di raggiungere le coste italiane. 29 uccisi dal freddo, dopo essere stati soccorsi dalla Marina militare italiana; gli altri erano a bordo di tre gommoni che hanno fatto naufragio: solo un centinaio hanno potuto essere salvati. E’ il fallimento dell’operazione Triton, avviata dopo la chiusura, nel dicembre 2014, di “Mare nostrum”.

Ma altre tragedie si verificheranno, se l’Unione Europea “fa finta di non capire che l’Italia è veramente la porta dell’Europa e guarda da un’altra parte”, ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana. Mentre di tragedia “prevedibile” ha parlato il Commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks, affermando che “l’Ue ha bisogno di un sistema di ‘Ricerca e Soccorso’ efficace. Triton non soddisfa questa esigenza”.

L’aveva già detto Amnesty International, analizzando a un mese dalla sua conclusione il semestre italiano di presidenza dell’Unione europea, giudicato “deludente” sotto il profilo dell’azione in materia di diritti umani e democrazia.

E lo ripetono con amarezza organismi e associazioni – Aibi, Amnesty International Italia, Caritas Italiana, Centro Astalli, Emergency, Fondazione Migrantes, Intersos, Save the Children, Terre des Hommes -, chiedendo al Governo italiano e all‘Unione europea "un reale cambio di rotta nelle politiche sull‘immigrazione". Occorre aprire immediatamente, sostengono queste realtà, “canali sicuri e legali d‘accesso in Europa, per evitare ulteriori perdite di vite in mare, oltre a politiche di immigrazione e asilo che diano priorità alla dignità delle persone".

“È necessario intensificare gli sforzi per consentire ai rifugiati di arrivare in sicurezza, fermando le stragi alle frontiere e ponendo fine alla piaga del traffico di esseri umani”, ha ribadito, sulla stessa lunghezza d’onda, il gesuita padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli di Roma. In visita all'omologo Centro di Trento presso Villa Sant'Ignazio proprio all’indomani della nuova strage nel Mediterraneo e mentre è vivo il dibattito sull’accoglienza dei rifugiati e richiedenti asilo in Trentino, padre Ripamonti nel pomeriggio di martedì 10 febbraio ha incontrato alcuni ospiti del Centro, accompagnato dal suo presidente, Roberto Bombarda. In precedenza, incontrando insieme a padre Alberto Remondini, responsabile della Fondazione Villa Sant’Ignazio, sotto il cui ombrello opera il Centro Astalli trentino, alcuni giornalisti della stampa locale per un confronto sul tema delle migrazioni, padre Ripamonti – che è anche direttore del Jesuit Refugee Service (JRS) Italia – aveva ribadito con forza la necessita della creazione “immediata” di canali umanitari sicuri “che evitino a uomini e donne in fuga da guerre e persecuzioni di rischiare la vita affidandosi a trafficanti di essere umani”. Ripercorrendo la storia del Centro Astalli, nato dalla felice intuizione di padre Pedro Arrupe, Preposito generale della Compagnia di Gesù dal 1965 al 1983, in risposta ai “boat people” vietnamiti, padre Ripamonti vi ha letto indicazioni valide anche per l’oggi. Attualissima e preziosa è l’azione di advocacy, di sostegno ai rifugiati e richiedenti asilo e di pressione sulle istituzioni, che i Centri Astalli – accanto a quello di Roma, vi sono realtà analoghe a – svolgono, tenendo sempre ben presente che “richiedenti asilo e rifugiati sono parte della vita delle nostre città”. Ecco perché, ha affermato, “dobbiamo imparare a vivere insieme”. Ed ecco perché è “antistorico”, e semplicistico, dire “non li vogliamo”. Ecco perché, ha aggiunto, “l’Europa, culla dei diritti civili, deve farsi portavoce dei migranti che fuggono da guerre e persecuzioni”. Gli faceva eco Berardino Guarino, direttore progetti del Centro Astalli di Roma: “Chiediamo ancora una volta, non rassegnati, di individuare una maniera legale, concreta per dare modo a queste persone di arrivare in Europa”. Riconosciuto che il governo italiano ha affrontato i 150 mila arrivi del 2014 “uscendo dalla logica dell’emergenza”, aumentando significativamente i posti Spar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), attualmente intorno ai 40 mila, Guarino ha espresso l’auspicio che ogni territorio sappia accogliere “al massimo delle sue possibilità”: perché quanto sappiamo accogliere “ci dà la misura della nostra civiltà”.

Nel dibattito sull’accoglienza interviene, con una nota, anche il fresco presidente del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza (Cnca) del Trentino – Alto Adige, Vincenzo Passerini. “C’è da chiedersi – scrive – di fronte a certe ostilità nei confronti dei profughi, se la testimonianza di don Dante Clauser (morto l’11 febbraio di due anni fa, ndr) sia stata dimenticata. Di fronte a questo dramma epocale, i trentini devono ritrovare quel senso di solidarietà che fa parte della loro cultura più profonda”.

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