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“Ora abbiamo ancora un anno per maturare, con vero discernimento spirituale, le idee proposte e trovare soluzioni concrete a tante difficoltà e innumerevoli sfide che le famiglie devono affrontare; a dare risposte ai tanti scoraggiamenti che circondano e soffocano le famiglie”. Con queste parole il Papa ha concluso il suo intenso e appassionato discorso – l’unico, dopo le parole pronunciate in apertura – al termine del Sinodo straordinario sulla famiglia. Salutato da cinque minuti di applausi, a conclusione di due settimane di lavoro, Francesco ha ricordato ai padri sinodali che c’è ancora un anno – da qui alla celebrazione del Sinodo ordinario sulla famiglia (4-25 ottobre 2015) – per lavorare sulla “Relatio Synodi”, il documento finale di questa prima tappa del percorso sinodale, che è stata votata nel suo complesso dalla maggioranza dei 181 padri sinodali presenti, con qualche astensione. Con una decisione senza precedenti, il Papa non solo ne ha autorizzato la pubblicazione, ma ha stabilito che fossero resi pubblici i risultati delle singole votazioni su ogni numero della “Relatio”, con l’indicazione dei voti favorevoli e non favorevoli. Il tutto “per trasparenza e chiarezza, in modo che non vi siano confusioni o equivoci”, ha spiegato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, nel briefing della serata del 18 ottobre. Il documento è, dunque, stato approvato in Aula con una votazione, numero per numero, dei 62 paragrafi, a maggioranza qualificata. Tre i punti – i numeri 52, 53 e 55, relativi all’accesso dei divorziati risposati all’Eucaristia, alla proposta della “comunione spirituale” e alle unioni omosessuali – che non hanno ricevuto la maggioranza qualificata, ma solo quella assoluta. Rispetto alla “Relatio post disceptationem”, la “Relatio Synodi” è un testo più ampio, che intende essere “più bilanciato, equilibrato e sviluppato”, ha precisato padre Lombardi. L’ottica, ha detto il Papa nel suo discorso, non è quella della Chiesa che “guarda l’umanità da un castello di vetro per giudicare o classificare le persone”, ma di una Chiesa “che non ha paura di mangiare e bere con le prostitute e i pubblicani, che ha le porte spalancate per ricevere i bisognosi, i pentiti e non solo i giusti o quelli che credono di essere perfetti”.
Cinque “tentazioni” da evitare. Ad elencarle ai padri sinodali è stato il Papa. La prima è “la tentazione dell’irrigidimento ostile”, che è propria oggi dei “tradizionalisti” e anche degli “intellettualisti”. La seconda è la “tentazione del buonismo distruttivo”, quella “dei buonisti, dei timorosi e anche dei cosiddetti progressisti e liberalisti”. La terza è “la tentazione di trasformare la pietra in pane e anche di trasformare il pane in pietra”. La quarta è “scendere dalla croce, per accontentare la gente”, piegandosi allo “spirito mondano”. La quinta, infine, è “trascurare il ‘depositum fidei’ o, all’opposto, trascurare la realtà” utilizzando un linguaggio di “bizantinismi”. “Mi sarei molto preoccupato e rattristato se non ci fossero state queste tentazioni e queste animate discussioni” al Sinodo, ha confessato il Papa: “Se tutti fossero stati d’accordo o taciturni in una falsa e quietista pace. Invece ho visto e ho ascoltato – con gioia e riconoscenza – discorsi e interventi pieni di fede, di zelo pastorale e dottrinale, di saggezza, di franchezza, di coraggio e di parresia”. “E questa è la Chiesa, che non ha paura di rimboccarsi le maniche per versare l’olio e il vino sulle ferite degli uomini”.
M. Michela Nicolais (SIR)
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