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E’ una delle avversarie nel girone D, forse la più temuta per il fatto che tra tecnici e giocatori si conoscono alla perfezione, quindi non ci sono segreti. E anche per il fatto che essendo l’avversaria della sfida inaugurale (in programma a mezzanotte tra sabato 14 e domenica 15 giugno) c’è il rischio che il match rappresenti un crocevia della competizione. Stiamo parlando dell’Inghilterra di Roy Hodgson, da sempre grande incognita del calcio mondiale: i maestri del football, come vengono definiti gli “inventori” del calcio, hanno raccolto molto meno di quanto seminato, eppure il talento non sembra mai mancare. Che il 2014 sia la volta buona per andare fino in fondo e raccogliere un risultato brillante, non necessariamente un trionfo, che attendono da tempo? Per la nazionale oltremanica – che solo nel calcio e nel rugby si presenta come Inghilterra, mentre in tutti gli altri sport come Gran Bretagna che riunisce quattro stati – un solo successo, datato 1966 davanti al pubblico amico, su tredici partecipazioni. Quello in Brasile sarà dunque il quattordicesimo mondiale per i “blues”, che vantano anche otto europei. Nel 2010, in Sudafrica, la selezione, allora allenata da Fabio Capello (ora c.t. russo) si è arresa con un netto 4-1 ad una travolgente Germania agli ottavi. Il c.t. Roy Hodgson, 67 anni, è una vecchia conoscenza del calcio italiano: ha infatti allenato l’Inter per un biennio, dal 1995 al 1997, per poi tornare sulla panchina nerazzurra nel 1999, quindi lo troviamo all’Udinese, L’esperienza si rivela però poco produttiva e il legame con gli italiani dura solo metà della stagione 2001-2002. Il 1° maggio 2012 la Football Association ha scelto Hodgson come nuovo c.t. dell’Inghilterra, con un contratto quadriennale che proseguirà dunque sino al 2016. Anche la nazionale inglese, come peraltro l’Italia, teme le condizioni climatiche dopo un’annata lunghissima.
La Costa Rica, seconda avversaria in ordine di tempo, venerdì 20 giugno (ore 18 in Italia), sembra essere destinata a recitare il ruolo di “cenerentola” nel girone D, di fronte a potenze mondiali come Italia, Inghilterra e Uruguay, tutte vincitrici almeno di un mondiale. Per i centroamericani potrebbe essere difficile anche solo strappare un punto nelle tre sfide, ma se la pressione dovesse giocare un brutto tiro alle tre big i costaricani potrebbero prendersi qualche prestigiosa soddisfazione. E per le tre grandi, visto l’equilibro, perdere punti con la Costa Rica potrebbe risultare fatale. I “Ticos” sono alla loro quarta presenza nelle rassegne iridate, tutte nell’ultimo quarto di secolo: la prima ad Italia ’90 sotto la sapiente guida di Bora Milutinovic, vero e proprio esperto nel condurre contro ogni pronostico le nazionali alle fasi ad eliminazione diretta: il tecnico serbo “giramondo” riuscì nell’impresa di far accedere agli ottavi una neofita della Coppa del Mondo, un risultato avvicinato soltanto nel 2002 ma mai eguagliato. Netta, invece, l’eliminazione del 2006 in Germania. La Costa Rica, restando dentro i confini continentali, vanta invece tre vittorie nella Concacaf Gold Cup e quattro partecipazioni alla Coppa America. Il gruppo agli ordini di Jorge Luis Pinto, 62 anni, alla guida del team dal 2011, è sostanzialmente giovane, tant’è che per gran parte della squadra si tratta della prima esperienza mondiale. Contro avversari di tale caratura, mister Pinto opterà presumibilmente per un gioco di contropiede e con notevoli responsabilità affidate al reparto difensivo, il meno battuto nell’ultimo round delle qualificazioni centroamericane. Sorprendere sarà l’obiettivo primario per i centroamericani, più forti e convincenti rispetto al gruppo del 2006 ma, per forza di cose, qualitativamente distanti non poco dagli universi italiani, uruguaiani ed inglesi.
Se si considerano anche le condizioni ambientali, con il vantaggio di affrontare la competizione in un clima ben conosciuto, l’Uruguay è probabilmente per l’Italia l’avversaria più temibile nella fase a gironi. La squadra sudamericana è considerata una delle possibili outsider del torneo, addirittura in lizza per la vittoria finale: magari è un’esagerazione ma la dice lunga sui pericoli di affrontare subito una nazionale simile, che l’Italia incontrerà nell’ultimo turno (martedì 24 giugno, ore 18 in Italia, in contemporanea a Inghilterra-Costa Rica), in una sfida che ci auguriamo non sia uno spareggio per il passaggio del turno. La tradizione è di cartello, visto che è stato campione del mondo nel 1930 e nel 1950 e poi ai piedi del podio per altre quattro volte. I successi, è vero, sono ormai lontanissimi, ma soprattutto il secondo resta nella storia del calcio per quell’incredibile finale con il Brasile padrone di casa, che si riassume in una sola parola “Maracanazo”, con 200 mila spettatori in lacrime. Nella bacheca ci sono anche 15 Coppe America e due medaglie d’oro olimpiche, nel 1924 e 1928, agli arbori del calcio. Una squadra che ha vinto tantissimo nel passato e che non è poi riuscita a raggiungere i fasti di un tempo. Resta comunque una nazionale fortissima che in Sudafrica, nell’ultima rassegna iridata ha chiuso al quarto posto, perdendo la semifinale con l’Olanda. L’Uruguay è allenata da Oscar Tabarez, 67 anni, anch’egli vecchia conoscenza del calcio italiano: l’allenatore uruguaiano ha infatti allenato il Cagliari nel campionato 1994-1995, il Milan l’anno e ancora il Cagliari nel 1999. Dal 2006 ricopre l’incarico di commissario tecnico della nazionale uruguaiana dopo l’esperienza del biennio 1988-1990. Con una squadra formata da campioni, per buona parte protagonisti nei principali campionati europei, sognare non è vietato.
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