Si impone, a livello mondiale, l’urgenza di cambiare il modello di sviluppo
Per Joao Pedro Stedile – l’economista e leader sociale dei contadini brasiliani – l’invito al Festival dell’economia di Trento è stato come un ritorno a casa. “E ho trovato…una casa giusta e grintosa”, ha detto nell’incontro fuori programma organizzato presso la sede della CGIL di Trento, con la quale ha regolari scambi di “turismo sociale” attraverso l’associazione Tremembè, allo scopo di conoscere il Brasile ma anche di favorire interscambi di solidarietà.
“Mi avete accolto – dice visibilmente commosso – con il canto ‘Merica, Merica’ che il nonno mi sussurrava per addormentarmi quando ero piccolo!”. Il suo bisnonno era partito da Terragnolo oltre cento anni fa, in cerca di un pezzo di terra per sfamare la famiglia. Aveva portato con sé i valori più autentici della trentinità e li aveva trasmessi a figli e nipoti: voglia di lavorare, fedeltà alla famiglia e alla religiosità, nonché senso della cooperazione.
Stedile ha ragionato in questi termini: la lotta per la giustizia sociale contro il latifondo e il capitalismo si fa sempre più dura e spietata; non lo dimentichino quanti incontrano il Brasile solo nel luccichio festaiolo del Carnevale, dei Mondiali di calcio o delle Olimpiadi. “Il modello di mediazione tra le classi – dice Stedile – non è riuscito a mettere le mani sui profitti dei grandi capitalisti; il 40% della spesa pubblica serve per pagare gli interessi bancari e i poveri non possono alzare la testa… assicurarsi una vita dignitosa e un futuro di dignità per i figli”.
“Allora – domandiamo noi – domina ancora il nefando sistema di cui aveva parlato Paolo VI oltre quarant’anni fa?”. La replica: “Questo modello di capitalismo è finito in mano al capitale finanziario che è peggiore di quello agli inizi dell’industrializzazione. Oggi 300 società controllano l’intera economia mondiale e il loro peso è poderoso, perverso ed escludente. Proprio perché questo sistema è contro l’uomo, non ha prospettive! Occorre metterlo in crisi, con una mobilitazione mondiale permanente, all’insegna di un’economia solidale (comunque la si voglia chiamare). Urge fermare i predatori che, oltre a dominare i mercati, comprano terre, acquistano foreste, privatizzano le riserve d’acqua, le centrali, le miniere… e stanno impestando i popoli (in Brasile si contano 540.000 nuovi casi di cancro all’anno!)”.
Stedile conclude: non basta più il “Queremos Terra”; si impone, a livello mondiale, l’urgenza di “Mudar o modelo” (cambiare il modello di sviluppo) “per la produzione e l’organizzazione del lavoro, nei rapporti di forza e nella scala dei valori, allo scopo di conquistare forme più degne e fraterne di vita… con o senza il Vangelo in mano!”.
Il coro “Bella ciao” lo saluta con un caloroso: “El pueblo unido jamàs serà vencido”.
B.G.
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