I lettura: Proverbi 9,1-6;
II lettura: Efesini 5,13-20;
Vangelo: Giovanni 6,51-58
Una contraddizione tipica del nostro tempo è quella che riguarda la vita. Mai come al giorno d’oggi si fa di tutto per salvaguardarla: mai le farmacie sono state così fornite, mai si smette di ricercare al fine di sconfiggere certe malattie, mai, come al giorno d’oggi, si è stati disposti a spendere pur di ricuperare la salute. E allo stesso tempo, mai come al giorno d’oggi la vita è esposta a rischio: di malattie che una volta non c’erano, di incidenti che possono capitare, rischio anche liberamente scelto da certuni (si pensi alla droga, a certi sport “estremi”, oppure alle velocità pazzesche di chi corre sulle strade superando ogni limite). Ecco la contraddizione: da un lato uno straordinario attaccamento alla vita e dall’altro un’estrema disinvoltura nel metterla a rischio. Al che torna un antico interrogativo, o forse più d’uno: ma che cos’è, in fondo, la vita? Cosa vuol dire vivere? L’esperienza che abbiamo della vita… è proprio quella giusta, quella piena, o è solo parziale?
E poi, per chi vivere? Per che cosa? Se per caso esiste una vita in pienezza che molti non immaginano nemmeno, come fare per gustarla?
Queste sono domande di sempre; una volta la gente se le poneva (oggi, forse, un po’ meno). Ma il vangelo di questa Domenica è proprio a queste domande che risponde. Basta osservare quanto spesso parla Gesù della vita nel breve brano che viene proposto: “Io sono il pane vivo…se uno ne mangia vivrà in eterno… Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo… Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue non avrete in voi la vita…Chi ne mangia e ne beve invece ha la vita eterna… Chi mangia di me vivrà per me…Chi mangia questo pane vivrà in eterno…”. Insomma, la vita – la vita che ci riguarda tutti – è l’argomento della lezione di Gesù. Si noti, tuttavia, che Gesù parla non solo di vita, ma di vita eterna.
Molti – di fronte a questa espressione – pensano all’aldilà: se c’è un aldilà, quella è la vita eterna.
Non è esatto. Infatti Gesù afferma che chi mangia la sua carne e beve il suo sangue HA la vita eterna
Poco fa chiedevo: ma l’esperienza che abbiamo noi della vita è proprio quella giusta, piena, o ne è solo un’espressione parziale?
Ed ecco la risposta di Gesù: la vita non è solo un’esperienza fisica, biologica, comune a tutti (animali compresi); non è quell’esperienza che è bella solo a certe condizioni (se si sta bene di salute, se si hanno molte possibilità economiche, se non ci sono problemi). Questo tipo di vita è solo una parte di quello che Dio ha pensato per noi, e nemmeno la più rilevante. La vita in pienezza, quella che Dio ha in cuore, è eterna: fin d’ora, fin da questa terra. E in cosa consiste? Cosa vuol dire vivere fin d’ora una vita eterna? Posso tentare qualche risposta che rimarrà in buona parte teorica, perché certe cose – anche in questo caso – bisogna provarle per capirle.
Vivere una vita eterna vuol dire stare a questo mondo sapendo il motivo per cui si è qui, nella consapevolezza che Dio ci ha inventati uno ad uno perché ci ha pensati ed amati, e ci ha creati per farci partecipare alla sua intimità, alla sua ricchezza di vita e di amore. Vivere una vita eterna vuol dire vedere la mano buona di Dio in tutto ciò che sta attorno a noi ogni giorno: nelle persone che ci vogliono bene, nelle creature che ci circondano e che Dio ha creato per rendere bella e piacevole la nostra esistenza. Vivere una vita eterna è vivere con uno scopo, con un obiettivo non stagionale o di breve durata…Certo, ogni persona ha dei progetti, a volte grandi, a volte più ridotti, ma la vita eterna porta a sintonizzare tutti questi progetti, grandi o piccoli che siano, con uno che è più importante di tutti e che relativizza e impreziosisce nello stesso tempo tutti gli altri. Madre Teresa di Calcutta, con parole semplici, lo definiva così: “Vivere, stare in questo mondo, con l’ambizione di fare qualcosa di bello per Dio, insieme a lui”. Gesù esortava: “Cercate, collaborate per far crescere il Regno di Dio. Questo anzitutto: il resto vi sarà dato in sovrappiù”. Allora vivere è come aggrapparsi solidamente a qualcosa che nulla potrà far vacillare; nemmeno la morte potrà portarci via e farci scomparire per sempre.
L’altra domanda era: per chi vivere? E se esiste una vita così, in pienezza, come fare per gustarla? E Gesù risponde: Colui che mangia di me, vivrà per me. Come a dire: se vivrete delle mie parole (del mio Vangelo, visto che non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che viene da Dio), se mangerete il mio corpo quando partecipate alla mia Eucaristia, sì: allora vivrete per me. La vostra esistenza non sarà più solo un fenomeno biologico che dura fin che dura, ma sarà un vita in pienezza, e una pienezza in crescendo alla quale nemmeno la morte potrà porre fine. Vivere già in questo mondo una vita eterna è come uscire dalla nebbia e avere dinanzi a sé un orizzonte grande e sconfinato: quello di Dio stesso. È come se tutti i giorni – anche quelli di pioggia – un sole intramontabile illuminasse tutte le situazioni che viviamo e rendesse belle le cose che facciamo. Insomma, sì, fin d’ora è possibile vivere una vita eterna.
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