Dall’alba di giovedì, quando si è diffusa la notizia del ritrovamento nei boschi di Caldes del corpo senza vita di Andrea Papi, la comunità trentina è sconvolta per la perdita di un giovane “buono e generoso” (così tutti ieri me ne hanno parlato in paese) in una circostanza temuta e forse anche prevista, ma finora molto rara: l’aggressione mortale da parte di un orso.
Ora è arrivata la conferma dall’autopsia e il dolore si fa preghiera robusta, vuole essere un abbraccio ancora più stretto per i genitori, la sorella e la fidanzata. Prova a riempire con la maggior com-passione possibile questo vuoto straziante. Siamo nelle ore mute e buie di ogni Venerdì Santo e viene spontaneo avvicinare questo pianto a quello di quanti si trovavano sotto la croce del Golgota. E restare lì, in silenzio.
Non consolano le polemiche, non è questa l’ora dei dibattiti su scelte future che dovranno rispondere a criteri di ecologia integrale, umanamente giusta, come vuole l’enciclica Laudato Si’.
S’avvicina l’ora della sepoltura e s’intensifica la preghiera al Signore della vita nella fiducia misteriosa che Andrea possa continuare a gustare quella “Pace” da lui indicata nel commento al culmine della gioia sul video inviato l’altra sera da Malga Grum. Nella speranza che questa Pace, attraverso tanti amici e una comunità intera, possa rasserenare piano piano quanti ora lo piangono.
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