In “Tatami. Una donna in lotta per la libertà” il contesto è la quanto mai attuale inimicizia fra Iran ed Israele. Leila Husseini (interpretata dall’intensa attrice americana di origini cileno-iraniane, Arienne Mandi) è una judoka iraniana in gara ai mondiali di Tblisi, in Georgia. La determinazione della donna nella grande occasione della sua vita, la sta portando a vincere un incontro dopo l’altro. Al suo fianco – anch’ella velata dal tradizionale hijab – c’è Maryam Ghanbari, la sua allenatrice e mentore. In un ritmo sempre più incalzante, le inquadrature strette aderiscono al viso e allo sguardo della protagonista e seguono i movimenti del suo corpo con cui lotta intrecciandosi con quello dell’avversaria, fino al colpo della vittoria. Fuori dal tappeto di gioco – dov’è sacro il rispetto delle regole e dell’avversaria – siamo resi partecipi dei conciliaboli che, invece, echeggiano infidi negli spogliatoi anche visivamente sotterranei. Intanto, da casa, a Teheran, il marito Nadir incoraggia la moglie al cellulare seguendo le gare in tv; infine seguiamo le due responsabili della Federazione Internazionale mentre comprendono che un vulnus sta venendo inferto alla competizione.
I vertici invisibili e perentori della Repubblica Islamica iraniana minacciano i suoi genitori e la sua famiglia e impongono paradossalmente alla loro atleta vincente di fermarsi, simulando un infortunio: il rischio che in finale possa perdere contro la concorrente rappresentante dell’ostile Israele è troppo alto. Ma Leila non può accettare quel diktat e, anche quando perde il sostegno della sua allenatrice (vittima, prima di lei, dello stesso ricatto), mentre il consorte fugge nella notte, con in braccio il figlio, Amir, la protagonista supera la soglia consentitale e spicca un volo dalla destinazione incognita.
In un bianco e nero che arriva all’anima, questo thriller politico, già ammirato a Venezia, ci sprona verso il sentiero della convivenza fra i popoli. Interpretato (è l’allenatrice), coprodotto e girato dalla splendida artista franco-iraniana Zan Amir Ebrahimi, già vincitrice come protagonista a Cannes, nel 2022, per Holy Spider, insieme al regista israeliano Guy Nattiv (Oscar 2019 per il corto Skin) Tatami è il grido di due donne coraggiose in nome di chi lotta, non solo nello sport, per la libertà dei loro Paesi. Come spettatori – di certo più eloquenti dei vergognosi silenzi dei governi europei di fronte alla “terza guerra mondiale a pezzi” – possiamo applaudire a questo piccolo gioiello che, per la prima volta vede la felice coproduzione fra esponenti proprio dei due Paesi che in questi tempi si fronteggiano sul ciglio di un baratro.
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