Sono i mostri sacri a rinnovare il Festival

I Maneskin sul palco del Teatro Ariston durante il 72o Festival di Sanremo su RaiUno

Quel rito ormai consolidato che era il Festival di Sanremo appare anche in questa settantaduesima edizione – per la seconda volta – fortemente condizionato dall’emergenza sanitaria.
Nel rispetto dei vari protocolli anti Covid gli artisti effettuano a distanza le conferenze stampa online dall’albergo con la massima attenzione a limitare ogni uscita per non compromettere il proprio lavoro e quello delle persone che su di loro investono. Anche l’ingresso al Teatro Ariston per gli spettatori prevede una serie di controlli molto stringenti: temperatura, Green pass rafforzato, documenti, biglietti digitali, consegna mascherine Ffp2, controlli anche per la sicurezza. Agli spettatori non è permesso di utilizzare il guardaroba e nemmeno il bar. Ma una volta dentro il Teatro ti rendi conto dell’importanza di tornare ad un Festival con la presenza del pubblico in sala; in particolare avverti la calorosa energia di chi siede nei posti in galleria. Come lo ha definito Amadeus, da tre anni vero mattatore della kermesse, questo non è ancora il Festival della ripartenza, ma della gioia di reincontrarsi e di ritrovarsi.

Come non sottolineare il grande lavoro di tutto lo staff in una situazione estremamente complessa, per ricreare un’atmosfera che anche da dentro appare davvero suggestiva, dominata dalla grande orchestra. Non ci si stupisce che ancora una volta il Festival riesca a catalizzare l’interesse di milioni di italiani confermando di essere un fenomeno di costume e di spettacolo veramente unico da seguire con familiari e amici, commentando scelte musicali e interpretazioni anche provocatorie come quella di Achille Lauro a inizio serata. La presenza di Fiorello si conferma ancora una volta molto importante per la buona riuscita dello show e anche durante le interruzioni pubblicitarie lo showman siciliano prosegue le sue gag a beneficio di chi è in sala.

Ma rimane il “Festival della canzone italiana” e in gara ve ne sono venticinque. Quasi incredibile la presenza in contemporanea di mostri sacri della musica leggera; pensiamo a Gianni Morandi che ha esordito in riviera nel 1972 arrivando da un decennio di successi ed è risultato poi vincitore nel 1987 con Tozzi e Ruggeri. Oppure a Massimo Ranieri presente nel 1968, vincitore con “Perdere l’amore” nel 1988, o ancora a Iva Zanicchi, plurivincitrice in ben tre edizioni. Si ricordano sfide canore epiche fra loro – in particolare a Canzonissima – che ora sembrano magicamente rinnovarsi. Una terza età “giovanilista” anche per Orietta Berti che dopo la partecipazione a Sanremo lo scorso anno ha vissuto 12 mesi di grande popolarità televisiva ed è ritornata in riviera con i collegamenti dalla nave da crociera al porto in compagnia di Fabio Rovazzi.

Tra i ritorni anche quelli di Donatella Rettore e dei già vincitori Elisa, Mahmood in gara con Blanco, Emma, Fabrizio Moro, tutti in grande evidenza. Anche grazie a loro il Festival mantiene e rafforza il suo fascino, come si è visto al sorprendente ingresso dei Maneskin: dopo il successo del 2021 e un anno di concerti internazionali sono tornati raccogliendo il caloroso applauso del pubblico, quello che lo scorso anno in sala non poteva esserci.

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