I lettura: Giosuè 24,1-2a.15-17.18b;
II lettura: Efesini 5,21-32;
Vangelo: Giovanni 6,60-69
Ricordo un incontro di anni fa nel quale io mi sforzavo di spiegare a degli adulti una certa pagina del vangelo, invitandoli ad accoglierne il messaggio e a trasmetterlo poi ai loro figli. Una persona del gruppo continuava a intervenire con obiezioni su obiezioni. Io cercavo di rispondere; poi, a un certo punto, esaurite le obiezioni, quella persona confessò: “Ma… vedi, non è che io non capisco quello che dici, è che non lo voglio condividere, perché altrimenti devo cambiare certi miei atteggiamenti, certa mentalità… e questo non mi va di farlo!”. Evviva la sincerità, pensai.
Gli ascoltatori di Gesù – stando al vangelo di questa Domenica – dissero più o meno la stessa cosa: “Questo discorso, caro Gesù, è duro: chi può capirlo?”. Notate: non hanno detto che era “difficile”, han detto che era “duro” da far entrare nel cuore, nella mente, per metterlo in pratica. Duro era fidarsi di Gesù, credere in lui senza porre condizioni. E Lui, del resto, se ne accorse: “Ci sono alcuni tra voi che non credono” disse. Ma qual’era questo discorso che trovavano duro? Quello che abbiamo sentito – spezzettato in varie puntate – durante queste ultime domeniche.
Tutto era cominciato con la moltiplicazione dei pani e dei pesci per quelle migliaia di persone alle quali non sembrava vero di aver trovato uno che dava da mangiare gratis, tanto che Gesù anche nei giorni successivi, ma lui mise le cose in chiaro: “Il pane e il companatico di ogni giorno potete procurarvelo da soli, col vostro lavoro. Ma sapete che non di solo pane vive l’uomo, ma di un cibo che viene da Dio e che vi dà la vita eterna: quello cercate da me, perché quello io posso darvi. Anzi, sono io questo Pane che viene dal cielo: chi ne mangia, non solo vive, ma sperimenta un’esistenza più bella, più serena, una vita che non finirà mai più, neanche con la morte.
Insomma, Gesù è il Pane: Dio ce l’ha donato come Pane. E che significa? Come fa una persona ad essere pane? Quando quella persona ci parla con amore e ci dice parole che fanno bene al cuore (perché ci consolano se siamo tristi, ci rafforzano e ci incoraggiano se siamo giù di corda) è come se ci desse se stessa in cibo. Ah, non la divoriamo certo, ma noi pendiamo dalle sue labbra, è come se quello che ci dice diventasse cibo per la nostra vita. E’ così che Gesù diventa pane per noi. Quando ci assicura che il Padre nostro ci ama con infinita tenerezza, e ce lo dimostra rialzandoci se cadiamo e perdonandoci se sbagliamo, egli è Pane per noi. Quando ci mette in guardia dal vendicarci contro qualcuno che ci ha fatto del male, oppure ci invita a perdonare come sapeva fare lui, perché solo così si può vivere bene, allora Gesù è Pane per noi. Quando ci insegna che certe cose sono sbagliate e vanno evitate, mentre certe altre sono buone e ci fanno crescere, maturare, ecco che tale insegnamento è Pane per noi. È pane anche perché non si risparmia mai, se qualcuno ha bisogno di lui non si tira mai indietro, anche se è stanco; sempre è disponibile Gesù: è uno che si lascia divorare dalle persone. Alla fine arriva a dire che anche con la sua vita, con tutta la sua persona, fatta di anima, di carne e di sangue, lui è cibo per noi. Sì, proprio così: “Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue non avrete in voi la vita, perché solo chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”. Vita eterna, appunto: perché la vita – se non è eterna – non ci basta. Anche la vegetazione vive, ma all’arrivo dell’autunno quella vita sparisce. Vita eterna – scusate se lo ripeto – è la vita di adesso che si riempie di sapore e si allarga sugli orizzonti di Dio. Sì, con Gesù si può dire che “la vita è bella” perché con lui è davvero bella. Bella anche perché non finisce mai, nemmeno con la morte.
Sentendo dire da Gesù che bisognava mangiare la sua carne e bere il suo sangue alcuni ascoltatori immaginarono di doverlo fare a pezzi e divorare le sue carni come fanno i cannibali. Non sapevano che Dio è un grande inventore e sa trovare tanti modi per darci i suoi doni più preziosi. Il modo che ha inventato è l’Eucaristia: nel pane e nel vino dell’Eucaristia, ecco come Gesù ci dona il suo corpo e il suo sangue, cioè tutto se stesso, con totale generosità.
“Questo discorso è duro” dissero quegli ascoltatori …e se ne andarono, gli voltarono le spalle. Ma in cosa stava la durezza? Nel mangiare il pane e bere il vino dell’Eucaristia? Macché: da quando in qua mangiare e bere è duro?! È un piacere, piuttosto. Duro è accettare l’insegnamento di Gesù, seguirlo come maestro sempre. È questo che fa storcere il naso a certi cristiani, che se ne vanno, voltandogli le spalle. Duro non significa “difficile da capire”, ma non voler capire, non voler accogliere l’insegnamento del Signore specie quando punta il dito su certi nostri difetti, o ci provoca a rivedere certe comode abitudini sbagliate… In questo senso è duro il discorso di Gesù.
Ma egli è un Maestro onesto, leale. Non è di quelli che per paura di perdere clienti abbassano i prezzi. Non è un imbonitore che pur di aver seguito promette solo rose e fiori. È leale Gesù: “Questa è la strada della vita eterna. E allora che volete fare? Andarvene, o seguirmi? Decidete voi!”. Auguriamoci di poter condividere la reazione schietta di Pietro: “Signore, e da chi andremo? Tu solo hai parola di vita eterna! Noi ci fidiamo di te”.
Lascia una recensione