Sambuco e glicine, due piante che spuntano dalla leggenda

Glicine e sambuco fioriscono tra aprile e maggio

“Frustando il cavallo come un ciuco tra glicini e sambuco il re si dileguò”, cantava Fabrizio De Andrè in una sua nota canzone. Ma cosa hanno in comune queste piante, glicine e sambuco? Fioriscono abbondantemente all’incirca nello stesso periodo (aprile/maggio) ed entrambe sono avvolte da leggende e storie popolari.

Il Sambuco è un arbusto molto diffuso nella nostra terra, vive in maniera spontanea in zone ombrose lì dove i boschi si incontrano con i pascoli ed i prati. Il suo nome deriva dal greco “sambykè”, nome di uno strumento musicale che si fabbricava con i rami di questa pianta svuotati del midollo bianco interno. Ha un portamento originale, a doccia, i suoi rami infatti crescono eretti per poi incurvarsi verso terra.

Pianta molto longeva, può raggiungere altezze importanti. In Austria il sambuco viene definito ancora oggi “la farmacia degli dei” perché la tradizione lo riteneva portatore di sette doni officinali: fiori, frutti, radici, midollo, legno, germoglio e corteccia. Attenzione, però, le foglie sono velenose! Nelle leggende germaniche il flauto magico non era altro che un ramoscello di Sambuco svuotato del suo midollo. I Cimbri lo piantavano attorno ai loro “baiti”, perché rendeva fertile la terra degli orti e l’odore delle sue foglie teneva lontani i parassiti degli altri vegetali… ma qui mi fermo, perché le leggende sono innumerevoli, legate a molte tradizioni popolari di Europa e Russia.

E che dire del Glicine? La sua fioritura è un trionfo di bellezza. Pianta rampicante potente e longeva, dotata di tronco e rami molto forti ma sempre cadenti, quasi “stanchi”. Appartiene alla famiglia delle leguminose, di qui la sua caratteristica di essere autonoma in quanto ad assorbimento di sostanze azotate dal terreno. Non ama suoli troppo calcarei e necessita di potature severe per contenere la sua esuberanza e provocare l’emissione dei numerosi rami provvisti di gemme fiorali. È una pianta originaria delle regioni asiatiche, in particolare della Cina dove cresce spontanea tra i 500 e i 1.800 metri di altitudine, il suo nome “zi teng” significa “pioggia blu”. Coltivata da secoli in Giappone dove si distingue dalle sorelle cinesi per il senso di avvolgimento dei rami in senso orario anziché antiorario.

Arriva in Europa nel 1800, vista inizialmente con sospetto si è poi diffusa nei giardini di tutta Europa. Protagonista di innumerevoli storie popolari e leggende: nella tradizione giapponese è considerata emblema di longevità e immortalità, in Cina i fiori sono simbolo di luminosità ma anche della caducità della vita. “Re Carlo tornava dalla guerra lo accoglie la sua terra cingendolo d’allor, al sol della calda primavera lampeggia l’armatura del sire vincitor”.

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