I lettura: Isaia 53,10-11;
II lettura: Ebrei 4,14-16;
Vangelo: Marco 10,35-45
Esistevano anche 2000 anni fa’ le “raccomandazioni”. Oggi con la disoccupazione in crescendo, è ovvio che questo espediente si diffonda ancor più. Certe madri o certi padri sono molto abili a raccomandare i loro figli a certi “santi” che contano. Ci hanno provato anche con Gesù Cristo, come ci riferisce il vangelo. Secondo Marco, furono gli stessi interessati – Giacomo e Giovanni – a raccomandarsi presso Gesù; secondo Matteo invece sarebbe stata la loro madre (eh, si sa: cosa non fanno certe madri per i figli!). Ci hanno provato. Quel Gesù li aveva affascinati a tal punto che avevano lasciato tutto e lo avevano seguito. “Questo qui è senz’altro il Messia – pensavano –farà molta strada… Quindi è meglio mettere le mani avanti… «Maestro, concedici di avere i primi posti accanto a te nella gloria: uno alla tua destra e uno alla tua sinistra!».
Il tentativo però non riuscì. “Voi non sapete quello che chiedete” si sentirono rispondere. E infatti non lo sapevano. Come si può avanzare una richiesta del genere a uno che sta andando al patibolo? Se l’avesse accolta, sarebbero finiti al posto di quei due ladroni crocifissi accanto a lui, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra: eccoli i primi posti! Non era certo questo che intendevano Giacomo e Giovanni. Gli altri, però, avevano sentito e si indignarono con quei due. Non perché avessero capito quanto fosse fuori posto quella pretesa; temevano solo di essere sorpassati in fatto di carriera. Ma è forse – e semplicemente – una vicenda d’altri tempi questa che ci riferisce il Vangelo?
La prossima domenica è la Giornata Missionaria Mondiale. Nelle Comunità cristiane dell’Europa, dell’Africa, dell’Asia, dell’Australia e delle Americhe, ci cono cristiani, preti, vescovi… che si dedicano anima e corpo, senza risparmio, alla testimonianza e all’annuncio del vangelo; e ci sono cristiani, preti e vescovi che invece pensano solo ai loro interessi. Come sempre, poi, accade che questi ultimi fanno più rumore e c’è chi si scandalizza e s’arrabbia nei loro confronti.
Che ne pensa Gesù? Egli non si schiera né contro quelli che predicano bene e razzolano male, né dà ragione a quelli che si scandalizzano. Gesù si rivolge a tutti: “Voi sapete che a questo mondo i capi fanno l’alto e il basso, il bello e il cattivo tempo. Ma fra voi no: fra voi non è così. Fra voi chi vuol essere grande si farà vostro servo. Non mi chiamate Maestro? E allora imparate da me: io non sono qui per farmi servire, ma per servire, e dare la mia vita per tutti”. “Imparate da me!”. Io non so in che misura possiamo dire di aver imparato questa lezione. Certo è che – soprattutto in certe stagioni della vita, o in certe epoche della storia – c’è sempre bisogno che Gesù Cristo ce la ripeta. Gente che cerca potere, sempre più potere, con tutti i mezzi onesti e disonesti che conosce, oh se ce n’è anche ai nostri giorni! E chi conserva un briciolo di onestà nel suo cuore non può far a meno di provare il voltastomaco. Non mancano nemmeno gli individui preoccupati unicamente della loro carriera, o quelli il cui unico obiettivo consiste nel garantire i propri privilegi (pur dichiarandosi cristiani all’occorrenza: se serve, perché no?). In ogni caso, è fuori discussione: agendo in tal modo si è mille miglia lontani dallo spirito, dalla mentalità di Gesù Cristo.
Ma non si deve cadere nell’errore di quei 10 apostoli che rimproverarono Giacomo e Giovanni solo perché avevano fatto loro lo sgambetto. La lezione di Gesù è per quei due, per i dieci, e anche per noi tutti; anzi, ora è proprio a noi che Gesù dice: “Chi vuol essere il primo, si faccia servo di tutti: come ho fatto io”. Guardiamo a noi stessi, pertanto. Non ci accade in certe occasioni – forse troppe – di voler essere, non dico sopra tutto e tutti, ma un po’ troppo al centro, quasi fossimo l’ombelico del mondo? Quando le nostre apprensioni personali, o di famiglia, ci prendono al punto che non vediamo più nient’altro; quando le nostre attese, le nostre aspirazioni (anche oneste se si vuole) ci chiudono gli occhi o il cuore alle attese ben più drammatiche di non pochi fratelli, vicini o lontani da noi; quando – se preghiamo – lo facciamo solo per chiedere a Dio salute o fortuna per noi stessi… non ci dimostriamo cristiani un po’ “stonati” rispetto al vangelo e allo spirito di Gesù?
Egli – il nostro maestro Gesù – non si è preoccupato né della salute, né della fortuna e tantomeno della carriera. L’unico obiettivo che l’ha animato sempre, fuori e fuori, è stato quello di “servire fino a dare la vita”. Ebbene, noi apparteniamo a un Maestro così, anzi, ci chiamiamo con il suo nome: non lo possiamo dimenticare. E non perché ci piaccia l’autolesionismo o il sacrificio (non ci piace affatto), ma unicamente perché questa è la via della riuscita, via di risurrezione e di vita. “Chi vuol salvare la sua vita la perderà – ci ha assicurato – e chi invece la perderà, servendo, come ho fatto io, la realizzerà!”. Se ancora, come ogni anno, celebriamo la Giornata Missionaria Mondiale è perché il mondo non ha bisogno di personaggi da carriera o da primi posti, ma di servi, disposti anche a dare la vita. I missionari sono in prima linea, noi forse siamo un po’ in retroguardia rispetto a loro, ma è questo lo spirito, la mentalità, che siamo chiamati a condividere, perché – dopo 2000 anni da quel primo annuncio – questo è il vangelo, la buona notizia che può ancora dare futuro al mondo.
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