[Prima lettura At 4,32-35Seconda lettura 1 Gv 5,1-6Vangelo Gv 20,19-31]Nelle nostre conversazioni a volte adoperiamo parole che hanno l’unico scopo di rompere un silenzio altrimenti imbarazzante. Ovviamente hanno poco peso, poco contenuto. “Pace a voi!” dice Gesù, non appena compare in mezzo ai suoi in quel Cenacolo. Saranno state parole solo convenzionali, dette per rompere il silenzio? Infatti erano rimasti esterrefatti nel vederlo: e chi se l’aspettava? Dopo che avevano sigillato la porta di quel sepolcro due sere prima, tutto potevano aspettarsi tranne che vederselo davanti di nuovo; anzi, “nuovo” nel vero senso della parola: infatti non aveva nemmeno più bisogno di passare dalla porta per entrare. “Venne Gesù, stette in mezzo (a loro, in piedi) e disse: Pace a voi!”. No, è tutt’altro che un dire qualcosa tanto per dire… Quando a pronunciare la parola “Pace” è uno che è risorto dai morti, il Figlio di Dio, quella pace te la dà davvero. Non è solo assenza di rumori di guerra, riposo delle armi e dei cacciabombardieri ultimo modello; è pace in tutti i sensi: tra gli uomini (cioè tra i popoli, le culture, razze e religioni) – e nell’intimo di ogni persona. Sì, perché il terreno nel quale la pace attecchisce è il cuore, è inutile parlare di pace “fuori” se non ha radici lì; in caso contrario si arriverà, per bene che vada, a delle tregue, a degli armistizi, a delle capitolazioni… ma la pace vera è un’altra cosa.“Pace” è shalòm per la Bibbia. È il superamento del baratro più profondo che si possa immaginare: quello che separa gli uomini da Dio. E l’essere separati da Dio ha come conseguenza che si è divisi dentro, in se stessi; da qui poi nascono le inimicizie tra persona e persona, che quando si sommano insieme diventano ostilità di popoli che si divorano a vicenda.La croce è il ponte che ha permesso di superare quel baratro; ecco perché Gesù risorto può dire: “Pace a voi!”. Non c’è giorno, come si sa, che non ci consegni la sua macabra lista di violenze, di attentati, di soprusi… Certi telegiornali sembrano a volte bollettini di guerra. E noi cristiani, che andiamo in chiesa la 2° domenica di Pasqua e sentiamo Gesù risorto parlare di pace, ci chiediamo: ma parlava sul serio il Signore? Ma in che mondo vive Gesù Cristo? No, non si è sbagliato. Ma occorre notare che proprio nel vangelo di questa domenica ci sono alcuni particolari che vanno considerati con attenzione: c’è, ad esempio, un nesso tra Gesù e la pace: non solo perché la porta lui, ma perché è lui stesso la garanzia della pace; tanto che i primi cristiani dicevano: È lui, è Gesù la nostra Pace. Che Ebrei e musulmani non credano in Gesù Cristo, pazienza! Noi sappiamo che la pace è possibile perché lui c’è, risorto e vivo: non è un mito, o una favola. E vi è un secondo nesso: la pace che porta Gesù va a braccetto con il perdono dei peccati: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati”. Ciò vuol dire che il peccato, o i peccati, non sono un ostacolo di poco conto: chi prende alla leggera il peccato non saprà mai cos’è la pace; e se ne parla, si illude e semina illusioni.Il peccato è un ostacolo inamovibile: solo Dio lo può rimuovere. Se lo fa, allora la pace è possibile.Un terzo nesso particolare è con il giorno della settimana: è il primo (dopo il sabato) quello in cui viene Gesù tra i suoi, e otto giorni dopo – quando ci sarà anche Tommaso – è ancora il primo della settimana. Già per i primi cristiani quello è diventato ben presto “il giorno in cui viene il Signore” (poi la frase si è accorciata e si è cominciato a dire semplicemente “giorno del Signore”). Ecco perché proprio in quel giorno ci raduniamo a celebrare l’Eucaristia, la presenza indefettibile di Gesù. Noi possiamo anche essere altrove, o essere presenti con il corpo ma avere la testa da un’altra parte, ma Lui non si smentisce mai: viene ogni volta che torna il primo giorno della settimana. A questo punto non resta che mettere insieme i particolari e comporre il mosaico per intero. Anche se tutti a questo mondo perdessero la fiducia nella pace, noi cristiani non possiamo, perché crediamo in Gesù Cristo, risorto e vivo. Dubitare della pace è rifiutare credibilità e fiducia a Gesù. Se molti ritengono che la pace sia solo questione di intese e di accordi tra le parti in conflitto, lasciamoglielo pensare, ma guardiamoci dal crederlo davvero: la pace comincia dentro, è rimozione di quel peso nefasto che è il peccato. Noi possiamo contribuire alla vera pace lasciandoci riconciliare e perdonare da Dio. Certo, pensarla così non è da tutti. E non è nemmeno facile e comodo; è più ovvio cedere al pessimismo.Ecco perché è importante evitare il pericolo in cui è caduto Tommaso: è assente dalla Comunità dei discepoli proprio nel giorno in cui Gesù viene. E quindi non lo incontra: che c’è di strano se il suo cuore è gravato dal pessimismo e dalla delusione? “Io non credo” afferma. Per forza! Se la fede si riduce a una fiammella personale isolata, basta un colpo di vento per spegnerla. Ma se le fiammelle sono più d’una, e tutte insieme, è meno facile che un colpo di vento le spenga tutte, e quelle che eventualmente si spengono, possono riaccendersi a quelle che ardono. Ecco perché la Fede la possiamo celebrare e alimentare soltanto con l’Eucaristia, quando siamo insieme. È Gesù risorto che può ravvivare costantemente la fiammella della fiducia e della speranza, che sempre – anche nel mondo di oggi – rischia di estinguersi.
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