Qualcosa da costruire

Le radici, sapere da dove si viene per avere un luogo dove tornare; la visione, sapere dove andare con i valori delle proprie radici.

Radici e visione, sono i valori e il messaggio etico morale dell’ultimo film di Robert Guédiguian La casa sul mare. Il regista francese, nella giuria dell’imminente festival di Cannes, ritorna a fare il punto sull’esigenza e l’urgenza di fare cinema sociale e politico.

La società cambia velocemente, molto si trasforma e Guédiguian gira sempre lo stesso film con lo sguardo al passato, ma puntando l’occhio al futuro.

Questa volta la scena si svolge in una piccola cittadina sul mare, Méjan vicino a Marsiglia, che con la sua bella baia e il suo porticciolo fa da scenografia alla storia di tre fratelli: Angèle, interpretata da Ariane Ascaride, nella vita moglie del regista, nel film un’attrice di teatro che per un lutto è scappata dal suo paese e dalla sua famiglia, Joseph, Jean Pierre Darroussin, il professore cinico e pessimista dalla parte della rivoluzione operaia, e Armand, Gerard Meylan,l’unico che non se ne è andato e porta avanti il piccolo ristorante di famiglia con le ricette del padre. Significativo è anche il fatto che i tre personaggi sono interpretati dagli stessi attori di tutti i film di Guèdiguian. Così il flashback, pescato da una scena di Ki lo sa? del 1985, con i tre protagonisti giovanissimi in auto, in una splendida giornata di sole con la musica di Bob Dylan, è davvero una delle sequenze più emozionanti e simboliche del film.

I fratelli, dopo l’ictus del padre, si ritrovano dopo tanti anni nella loro casa, quella costruita con l’aiuto dei vicini e dei compagni paesani. Si riscoprono insieme ad accudire il vecchio e insieme tornano al passato, al lutto di Angèle, che ha perso una figlia tanti anni prima lasciata un’estate con il nonno e gli zii. Ricordano anche i Natali felici quando a Mejan si faceva un solo abete per tutti i bambini, e quando le case e gli affitti costavano meno, forse si stava meglio allora, “sicuramente gli abeti stavano meglio” come afferma Joseph.

La casa sul mare, costruita dal padre con il contributo di tutti, si erge a sfondo solida e immutabile con la sua spettacolare terrazza che è come “una bella spilla sull’abito di una donna”, simbolo della comunità, dell’inclusione e della solidarietà del paese.

Proprio da quella terrazza, dove ora il vecchio padre guarda l’infinito, si vede il mare, il mare che ha tolto la vita alla bimba di Angèle; quel mare che però dà vita e felicità al giovane pescatore; e lo stesso mare che oggi porta i gommoni degli immigrati.

Così i fratelli, in quella casa, su quella terrazza, riscoprono la forza delle radici e della fede nel futuro, perché quando si perde la fede tutto diviene caos, come scrive Joseph nelle sue memorie.

Se i fratelli fanno parte del passato che torna al paese, ci sono anche i giovani, la fidanzata di Joseph e il figlio dei vicini, i paladini del futuro, che se ne va da Mejan per affrontare e seminare i frutti delle radici in un altro luogo.

E quando dal mare arrivano su un gommone di immigrati tre bambini, ritorna la visione per i tre fratelli.

Il film si chiude con lo sguardo del padre che per un attimo si gira al suono delle voci dei figli e dei tre nuovi bambini. Un nuovo richiamo alla vita: c’è ancora qualcosa da costruire.

vitaTrentina

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