Il sistema scolastico in provincia di Bolzano si fonda, dal 1972, sull’articolo 19 dello Statuto di autonomia, secondo il quale “l’insegnamento nelle scuole materne, elementari e secondarie è impartito nella lingua materna italiana o tedesca degli alunni da docenti per i quali tale lingua sia ugualmente quella materna”. Inoltre, nelle scuole elementari e secondarie “è obbligatorio l’insegnamento della seconda lingua”. Da questa norma discende il fatto che ad oggi in Alto Adige ci sono scuole separate per lingua d’insegnamento, tendenzialmente (ma non necessariamente) frequentate da ragazzi appartenenti al gruppo linguistico italiano, se scuola italiana, o tedesco, se scuola tedesca.
La ragione di questa impostazione va ricercata nella storia e nelle sue implicazioni politiche, ideologiche e culturali. In particolare, la scuola monolingue – in territorio plurilingue – fu conseguenza della guerra che gli opposti nazionalismi si erano fatta tra fine ‘800 e inizio ‘900 per imporre nelle scuole la propria lingua. “Era una guerra – scrisse Claus Gatterer – in cui lavagne e gessetti servivano da armi, scuole e asili da fortezze e trincee, maestre e maestri si sentivano soldati in prima linea sul fronte delle nazionalità e come tali si battevano”. Pesò infine soprattutto l’esperienza del ventennio fascista, durante il quale, a partire dal 1923, il tedesco fu progressivamente messo al bando dagli istituti scolastici pubblici e privati (con l’eccezione dei seminari diocesani).
Lo stesso articolo 19 introduce però – e lo fa a livello costituzionale – un sistema radicalmente diverso, quello “paritetico”. Lo fa in riferimento alle valli ladine di Badia e Gardena. “La lingua ladina è usata nelle scuole materne ed è insegnata nelle scuole elementari delle località ladine. Tale lingua è altresì usata quale strumento di insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado delle località stesse. In tali scuole l’insegnamento è impartito su base paritetica di ore e di esito finale, in italiano e tedesco”.
Non si trattava di una novità. Già il primo Statuto di autonomia, nel 1948, garantiva “l’insegnamento del ladino nelle scuole elementari delle località ove esso è parlato” (art. 87). Una norma cui si era dato attuazione con una coraggiosa e tempestiva ordinanza del Ministro della Pubblica Istruzione Guido Gonella (del 27 agosto 1948) che non si limitò ad applicare il dispositivo statutario, ma introdusse nelle due vallate ladine proprio il sistema paritario. In sostanza l’insegnamento alle elementari per metà in italiano e per metà in tedesco, con alcune ore in ladino. Le generazioni succedutesi da allora ai piedi delle Dolomiti altoatesine sono cresciute trilingui.
Il sistema ladino come possibile modello per la scuola altoatesina anche sul resto del territorio? Se ne discute da decenni. Finora hanno prevalso le resistenze. È chiaro che il contesto e gli equilibri tra i gruppi linguistici in altre zone della provincia sono assai diversi di quelli che si riscontrano in val Badia e val Gardena. I dubbi non sono sull’efficacia del sistema ma sulla sua opportunità.
Di fatto la scuola separata garantisce la tutela della specificità linguistica dei gruppi altoatesini, ma non permette di sviluppare un livello sufficiente di bilinguismo.
I 75 anni del sistema scolastico paritetico ladino sono stati celebrati la settimana scorsa nella Casa della Cultura di Ortisei. Presenti il presidente della Provincia Arno Kompatscher, il vicepresidente e assessore provinciale all’Istruzione e cultura ladina, Daniel Alfreider, gli ex intendenti Franz Vittur (in video) e Roland Verra e la direttrice del Dipartimento Istruzione, formazione e cultura ladina Edith Ploner.
“Plurilinguismo, creatività e inclusione – ha detto Alfreider – sono i temi cardine dell’istruzione ladina. Siamo orgogliosi del fatto che l’impianto paritetico e l’impegno dei docenti, professionisti della scuola, forniscano ai giovani strumenti importanti nel loro percorso verso l’età adulta”.
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